Notizie e aggiornamenti dal mondo della Mediazione

Mediazione penale e formazione: chi è il mediatore

Il tema della formazione alla mediazione penale, è stato oggetto in questi ultimi anni, di un acceso dibattito, mirante a definire quale debba essere la concreta preparazione del mediatore. Fino ad oggi sono pochi i Paesi in Europa che hanno un codice deontologico del mediatore. Lo statuto di tale figura professionale rimane ancora poco definito, anche se la Raccomandazione  R(99)19, relativa alla qualifica della figura del mediatore in ambito penale offre importanti spunti di riferimento.

Secondo tali indicazioni infatti:

  • “i mediatori dovrebbero essere reperiti in tutte le aree sociali e dovrebbero possedere generalmente una buona conoscenza delle culture locali e comunitarie”(art.22)
  • “i mediatori dovrebbero ricevere una formazione iniziale di base e effettuare un training nel servizio prima di intraprendere l’attività di mediazione” ( art. 24)
  • “i mediatori dovrebbero acquisire, attraverso la formazione, un alto livello di competenza che tenga presenti la capacità di risoluzione del conflitto, i requisiti specifici per lavorare con le vittime e gli autori di reato, nonché una conoscenza base del sistema penale” (art. 24)

E’ necessario sottolineare altresì che il riferimento alla normativa internazionale risulta indispensabile, mancando una precisa disciplina  nazionale in materia e un riconoscimento formale della figura del mediatore  esperto in programmi di giustizia ripartiva. Inoltre un  mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa, per esprimere un alto livello di competenza, deve conoscere il contesto in cui opera, deve saper trasmettere la cultura della giustizia riparativa, deve saper mediare, deve saper organizzare e accompagnare il percorso di giustizia riparativa, in ogni sua fase.

A tal fine, ogni percorso formativo deve prevedere una formazione sia teorica che pratica sulla giustizia riparativa e su tutti i suoi programmi ed una formazione sugli aspetti giuridico istituzionali, psico- pedagogici e sociali connessi alla giustizia riparativa.

La mediazione può essere paragonata ad una cassa di risonanza che accoglie per poi restituire, in cui i protagonisti sono unicamente le parti; per questo motivo il percorso di formazione alla mediazione non aggiunge ma porta ad una essenzialità costruttiva, non implementando bensì facendo emergere tutto quanto c’è già. La mediazione non vuole sanare il conflitto, ma solo prendersi “cura” dei suoi effetti distruttivi, avendo ben chiaro che non tutto è mediabile. Dunque il mediatore non ha potere, non dà consigli, non propone soluzioni, non interpreta,  non assume in quella veste né il ruolo di un terapeuta, né di un educatore tantomeno di un avvocato… sarà semplicemente una figura terza, neutrale ed equiprossima al servizio dei mediandi.   Pertanto credo che lo sforzo più importante sia quello di non utilizzare questi strumenti nuovi con una mentalità antica,  altrimenti vi è il pericolo di usare la mediazione e la riparazione  come delle pene,  finendo per tradire la ratio di una giustizia  che – come afferma  il Consiglio d’Europa – aspiri a diventare “più costruttiva e meno afflittiva.“

A cura di: Dott.ssa Mariella Romano

Tirocinio assistito per i mediatori: come si fa?

Il decreto 6 luglio 2011, n. 145, ha stabilito, come parte integrante del percorso di formazione del mediatore civile e commerciale, l’obbligo del tirocinio assistito.

Questa attività rientra in un progetto di formazione continua, che va rinnovato con cadenza bimestrale, e dà l’opportunità di fare un’esperienza lavorativa al fianco di professionisti. Nonostante ogni organismo di mediazione abbia ampia autonomia rispetto alla nomina e al numero di tirocinanti, lo strumento della turnazione tutela l’interesse delle parti in mediazione, garantendo un ambiente sereno e privo di fonti di distrazione. In virtù di questa fondamentale prerogativa, sorge spontaneo chiedersi: il tirocinio assistito obbligatorio per i mediatori può essere svolto anche in via telematica?

La risposta è no. Il Ministero ha chiarito e ribadito che la formazione per i mediatori in modalità a distanza non è prevista.

Dunque, se il tirocinio assistito è parte integrante dell’aggiornamento biennale e se la formazione per i mediatori non può essere effettuata in via telematica, anche il tirocinio obbligatorio per i mediatori non può essere svolto in modalità telematica.

Naturalmente la risposta resta tra noi

Mediazione online: ecco quali potrebbero essere le criticità

La mediazione online, oltre a tanti vantaggi e caratteristiche positive, potrebbe a volte presentare delle criticità. Questo almeno stando alle esperienze di coloro che vi si sono affidati. Per ciò che concerne la mancata presenza personale delle parti, ad esempio, si può mettere in evidenza che essa, se nella mediazione tradizionale può creare del disagio, nell’interazione diretta può consentire una lettura del linguaggio del comportamento ed elimina i rischi di eccessiva formalizzazione causata proprio dall’assenza delle parti. Inoltre la possibilità di descrivere la propria versione direttamente alla controparte e di esprimere le proprie emozioni, può certamente esercitare una funzione “catartica” sui partecipanti alla mediazione.

Mediazione online e dinamiche relazionali differenti

La mediazione online del resto manca delle dinamiche caratterizzanti la mediazione tradizionale, perché si realizza a distanza e dinanzi allo schermo del pc. Se si trattasse solo di liti emerse nell’e-commerce, tali caratteristiche non creerebbero particolari problemi, ma ove si estendesse a dispute più legate ad aspetti emotivi, la separazione materiale delle parti si tradurrebbe nella perdita di una grande opportunità di definizione della controversia.

L’importanza dell’aspetto emotivo

La disgiunzione dei litiganti potrebbe poi costringere le parti a raccontare la propria versione in termini logici e razionali, senza dare una diretta percezione di come gli altri soggetti coinvolti nella controversia stiano reagendo a quanto si sta affermando. Inoltre, nella mediazione cibernetica, l’assenza di una presenza materiale potrebbe rendere difficile al mediatore il mantenimento dell’effettivo controllo della negoziazione delle parti. Alla luce di tali considerazioni, pare logico affermare che questa tipologia di mediazione sia più efficace nelle questioni bagatellari o comunque dove non emerge in maniera prevalente l’aspetto emotivo. Importante, infine, la formazione del mediatore anche in questo campo, con un professionista che dovrà essere in grado di gestire la situazione anche sul campo online.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A. avvocato Pietro Elia.

Il modello barese di mediazione: prassi e monitoraggio dei flussi

Il modello barese di mediazione. Dopo aver parlato più volte del Progetto Nausica e degli ottimi risultati ottenuti grazie alla mediazione demandata, parliamo del modello barese. La prassi processuale conciliativa, sviluppata dalla Dott.ssa Delia con la collaborazione del foro locale, all’indomani dalle recenti riforme in area di mediazione, fa leva sull’utilizzo (nelle fasi processuali in cui la sensibilità del magistrato o la richiesta congiunta delle parti lo suggerisca quale utile attività) dell’ordinanza di invito alla pausa conciliativa, forte di una lettura combinata degli ex artt. 185 cpc e 5, comma II° del Dlgs. N. 28/2010. Per offrire, con rigore scientifico, l’analisi dei flussi dell’invito ex art. 185 cpc sulle cause civili portate nelle udienze, la Dott.ssa Delia ha avviato un monitoraggio, con presentazione grafica.

Il modello barese e il monitoraggio continuo

Il primo monitoraggio si è svolto con la collaborazione dell’Università di Bari – Scuola di Specializzazione Forense e successivamente una pubblicazione scientifica ha completato la presentazione della prassi giudiziaria in questione (ved. Foro Italiano, febbraio 2012, V^ parte-Monografie, “Proposte Programmatiche sulla conciliazione dal Tribunale di Bari– Sez. Dist. di Modugno).

Più interessante si è rivelato il secondo monitoraggio, per l’anno 2012, condotto dalla Dott.ssa Delia quale Tutor esperto all’interno di un progetto PON obiettivo C Azione C5 “Fare scuola nell’impresa ”codice C-5-FSE- 2011 – 135 autorizzato con nota n. 4462 de l 31/3/2011 che ha come obiettivo quello di migliorare le competenze dei giovani attraverso stage aziendali. In virtù di apposita convenzione siglata fra il Tribunale di Bari e l’Istituto d’Istruzione Superiore Statale “T. Fiore” in Modugno , si è avviata un’iniziativa di formazione scolastica che si è articolata su lezioni introduttive – vertenti tematiche processuali dell’area di diritto civile, l’analisi delle componenti di un conflitto giudiziario, il principio della ragionevole durata del processo, la sentenza ed i riti speciali ovvero gli strumenti per accelerare la definizione della lite giudiziaria (artt. 696 bis cpc e 702 bis e ss cpc) – e successivi approfondimenti pratici, con simulazioni guidate anche dal secondo tutor formativo, il dr. Coviello Giuseppe, verso soluzioni conciliative della controversia.

Il modello barese e il percorso formativo proposto agli alunni

Il percorso formativo proposto agli alunni, ha consentito di apprendere nuove strategie comunicative, di approcciarsi ad una metodologie didattica innovativa e di partecipare all’esperienza conciliativa attraverso la predisposizione di ipotesi di accordi transattivi (in materia di famiglia, con ipotesi di accordi di separazione dei coniugi; in materia di divisione ereditaria, con indicazione di soluzioni conciliative fra eredi; in materia di condominio, attraverso la simulazione dell’attività del mediatore).

Ma l’interesse degli studenti è stato altresì mantenuto vivo attraverso incontri, tenutisi presso l’istituto giudiziario collaborante, con i tre tutor dell’Azienda ospitante, nella loro qualità di funzionari di Cancelleria debitamente autorizzati dal Ministero di Giustizia i quali hanno illustrato le incombenze di Cancelleria al fine di orientare gli alunni verso esercitazioni pratiche, assolte in un percorso della durata di 80 ore. Gli studenti si sono resi così protagonisti di un esperimento pilota verso l’informatizzazione della Sezione Distaccata di Modugno (è la prima volta che, sul piano dei pon, si è avviata una collaborazione fra il Ministero di Giustizia e l’istituto scolastico con finalità anche a beneficio degli uffici giudiziari), ed hanno altresì reso possibile la rappresentazione grafica dei risultati deflattivi della prassi conciliativa del modello in questione.

Questa esperienza formativo- culturale è sicuramente lodevole e sarebbe auspicabile a livello nazionale. In Italia, vi sono altre iniziative di questo genere, ma questa è decisamente strutturata in maniera davvero interessante e stimolante. Il processo culturale deve partire dalle nuove generazioni e quindi dalla classe dirigente del futuro e che potrà acquistare una sua definitiva consacrazione attraverso una dignità ed autonomia scientifica delle ADR.

A cura del responsabile scientifico Concilia Lex S.p.A. avvocato Pietro Elia.

Parlamento Europeo: rafforzata la mediazione. E in Italia?

Parlamento Europeo e mediazione. Circa due mesi fa (lo scorso 12 settembre) il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione sulla mediazione decisamente interessante e ne prevede un ulteriore e significativo impulso. Bruxelles ha additato il modello italiano come una best practice (ma non è la prima volta) in cui il ricorso alla mediazione è addirittura sei volte superiore rispetto al resto dell’Europa. Anche se tale uso è positivo per la spinta sempre più capillare dell’istituto, esso rappresenta allo stesso tempo un segnale tutt’altro che esaltante del grave stato di patologia che denuncia il Sistema Giustizia italiano.

La risoluzione del Parlamento invita altresì gli Stati membri ad applicare maggiori sforzi per incoraggiare il ricorso alla mediazione nelle controversie civili e commerciali, attraverso opportune campagne di informazione. Su questo punto in Italia, ad esempio, c’è molto da fare in quanto ci vuole un’informazione ancora più efficace anche per contrastare la disinformazione sulla mediazione, che al momento, purtroppo prevale.

I tratti salienti della raccomandazione sono i seguenti:

  • La necessaria implementazione della mediazione demandata, dove si prevede la partecipazione obbligatoria delle parti non solo nella mediazione civile e commerciale ma anche in quella familiare (Ad esempio in Lituania, Lussemburgo, Inghilterra e Galles.)
  • accoglie con favore l’impegno della Commissione di cofinanziare diversi progetti volti apromuovere la mediazione e la formazione per i giudici e altri operatori della giustizia negli Stati membri;
  • invita la Commissione a valutare la necessità di elaborare norme di qualità a livello di Unione relative alla fornitura di servizi di mediazione,
  • Infine invita la Commissione, nel contesto della riflessione sulla revisione normativa, atrovare soluzioni al fine di estendere, se possibile, l’ambito di applicazione della mediazione anche ad altre questioni civili o amministrative; sottolinea tuttavia che è necessario prestare particolare attenzione ai risvolti che la mediazione può avere su alcune tematiche sociali, ad esempio il diritto di famiglia; raccomanda al riguardo alla Commissione e agli Stati membri di applicare e mettere in atto misure di salvaguardia adeguate nei processi di mediazione al fine di limitare i rischi per le parti più deboli e proteggerle da eventuali abusi di processo o di posizione imputabili alle parti più forti, nonché di fornire dati statistici pertinenti ed esaustivi; sottolinea inoltre l’importanza di assicurare il rispetto di criteri di equità in materia di costi, con particolare riguardo alle tutele per le categorie svantaggiate; osserva tuttavia che la mediazione potrebbe perdere attrattività e valore aggiunto se dovessero essere introdotti standard troppo stringenti per le parti;

Decisamente interessante questa risoluzione che potrà essere uno spunto per il legislatore italiano il quale negli ultimi anni, con luci ed ombre, ha mostrato un crescente interesse verso gli strumenti alternativi alla Giustizia ordinaria.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

 

 

Vantaggi degli strumenti Adr: il potere della relazione

Vantaggi degli strumenti Adr. Una delle novità più importanti degli strumenti ADR, in particolare della mediazione e della negoziazione, rispetto al giudizio, è il recupero del potere delle parti, nel senso di una loro autonomia decisionale, perché sono le parti artefici e responsabili della gestione del loro conflitto che meglio conoscono di chiunque altro, avendo il potere di scegliere se raggiungere o meno un accordo. Secondo una distinzione di natura filosofica il potere decisionale delle parti è inteso come “responsabilità- capacità”, ossia come capacità del soggetto di comprendere la propria azione, nonché la capacità di prendere una decisione condivisa e di assumersi l’impegno per rispettarla. Non è più un terzo che decide per le parti, come nel processo ove il giudice stabilisce i torti e le ragioni, ma sono le parti in conflitto che, con l’assistenza dei propri legali e del mediatore, decidono come gestire il conflitto.

Vantaggi degli strumenti Adr rispetto a quelli della fase di Giudizio

Questo concetto di responsabilità è totalmente differente da quello assunto nel processo, ossia quello definito come “responsabilità soggezione”, inteso come assoggettamento a una sanzione per un comportamento proprio o altrui, contrario a una norma di diritto. A fronte di alcuni studi sulle relazioni umane l’autonomia decisionale delle parti, presente nella mediazione e nella negoziazione, si fonda su una nota teoria, denominata teoria “relazionale” della natura umana, che è stata elaborata in molti campi e discipline ed è intesa come capacità connaturata in ciascuno individuo di manifestare forza (ossia di operare in modo autonomo), responsività (intesa come capacità di comunicazione ed empatia) ed impulso sociale verso l’altro. In definitiva, si ritiene che gli esseri umani siano, tendenzialmente, esseri sociali e connessi, motivati da un impulso morale.

Vantaggi degli strumenti Adr e conflitto

Il conflitto si dice che comporti la crisi della relazione umana tra le parti e la rottura di questa connessione esistente naturalmente tra gli individui. Secondo questo approccio lo scopo della mediazione è dunque di modificare la qualità della relazione delle parti. Seguendo questa teoria, il potere decisionale delle parti è alla base di un particolare ed efficace modello di mediazione, quello della mediazione trasformativa, elaborato da Bush e Folger e trasmesso dall’Institute for the Study of Conflict Trasformation. L’attività del mediatore è rivolta a provocare alcune mutazioni nei comportamenti delle parti tali da far emergere Empowerment e Recognition. Entrambi sono intesi come spostamenti dinamici delle parti in conflitto nel percepire sé e l’altra parte. Nell’Empowerment, che è un termine intraducibile ma noto anche in altre discipline, la parte si sposta da uno stato di debolezza ad uno di maggiore forza quando acquisisce maggiore autodeterminazione e consapevolezza dei propri interessi e bisogni ed è in grado di prendere decisioni in autonomia e di assumersi la responsabilità per queste.

Si ha Recognition (riconoscimento) quando una parte che attua un cambiamento dà un riconoscimento all’altra, nel senso che si sposta da una posizione di chiusura verso di sé e di concentrazione dei propri bisogni ad una posizione di apertura verso l’altra parte in modo di capire anche il suo punto di vista. Se ci spostiamo sul piano giuridico, osservando la realtà dal punto di vista del giurista di diritto positivo, si rileva come negoziazione e mediazione si offrono di rilanciare la centralità del contratto, quale strumento dell’autonomia delle parti atto a regolare interessi privati. Si è osservato che procedimenti privati non eliminano le norme di legge, piuttosto esautorano il modello della giurisdizione a favore del pan-contrattualismo, ossia un modello di risoluzione delle controversie basato su un diritto “flessibile” fondato su un contratto che si flette alle esigenze delle parti.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia

Riflessioni fiorentine (a freddo) sul convegno del 13 ottobre a Firenze

Riflessioni fiorentine. Sono trascorse due settimane dall’evento formativo – culturale di Firenze e le impressioni e le considerazioni da fare e sul da farsi non sono poche. Il convegno (la II^ Giornata Nazionale della Mediazione Civile e Commerciale) ha lasciato il segno, sia per l’impeccabile organizzazione che per il messaggio, o i messaggi, che ha lasciato che sono tutt’altro che fini a sé stessi ma proiettati verso il futuro.

Questi due aspetti così diversi sono in realtà intimamente connessi per certi versi, poiché solo un coordinamento serio e programmato porta ad annoverare la presenza di autorevoli relatori che sono, a loro volta,  la ricetta per una manifestazione di successo che non ha lasciato nulla all’improvvisazione ed è stata giustamente ripagata non solo dal punto di vista numerico e quindi delle presenze, ma anche dalla qualità dell’indice di gradimento dei, ripetiamo, numerosi partecipanti che gravitano intorno al mondo della mediazione e delle ADR da molti anni ed in maniera seria e professionale.

Riflessioni fiorentine sul portare avanti questa affascinante sfida

Firenze ci ha detto che esiste una volontà di andare avanti in questa affascinante sfida e che questa dichiarazione di intenti è accompagnata da una best practice o modello virtuoso che in terra toscana ha già posto delle solide fondamenta grazie ai “cuori pulsanti” del Progetto Nausica che ha ottenuto risultati talmente positivi che probabilmente nel futuro, nel foro fiorentino, non sentiremo parlare più di enormi quantità di arretrato giudiziario.

Firenze sarà il primo Tribunale in Italia ad avere un “ufficio del processo” che prevede la presenza di esperti in mediazione che coadiuveranno la magistratura nel concordare un programma virtuoso che darà ancora più respiro alla macchina processuale e quindi sarà realtà la tanto attesa efficienza sotto il profilo della tempistica e della qualità del servizio al cittadino. L’augurio è ovviamente quello di un “effetto domino” negli altri Palazzi di Giustizia italiani e che magari l’anno prossimo, in quel di Roma, ci sia una bella testimonianza anche dell’avvocatura che affermi questo necessario e fisiologico cambiamento culturale.

A cura del responsabile scientifico della Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

 

Risoluzione del conflitto: il metodo della comprensione in mediazione

Risoluzione del conflitto. La ricchezza e la positività che si deve trarre dal conflitto non rappresentano scoperte recenti.  Hegel con il suo metodo dialettico aveva già delineato tale possibilità. Nel movimento dialettico considerabile in modo unitario poiché descrivibile come un circolo, la tesi alla quale si oppone l’antitesi risolve il conflitto tornando al punto iniziale chiamato ora sintesi, la quale altro non è che uno sviluppo della contraddizione arricchito dai mutamenti avvenuti. Senza vittorie o esclusioni, tesi e antitesi realizzano loro stesse trasformandosi in qualcosa d’altro che supera i dati iniziali di entrambe.

Risoluzione del conflitto: il metodo di Friedman ed Himmelstein

Gary Friedman e Jack Himmelstein autori del testo Challenging Conflict, attraverso il metodo della comprensione da loro ideato, adottano in mediazione il principio di superare i conflitti considerandoli e rendendoli utili, inevitabile una riflessione che induca un accostamento alla dialettica hegeliana. Gli autori tentano di sfidare il conflitto attraverso la comprensione: più importante di un approccio al conflitto basato sulla coercizione o persuasione, il metodo della comprensione, rende responsabili le parti coinvolte nel conflitto, portandole a lavorare insieme attivamente, responsabilmente e in prima persona alla loro controversia in atto.

Il mediatore in questo metodo di affrontare il procedimento di mediazione non è un soggetto passivo, ma il facilitatore del metodo della comprensione, aiutando le parti ad indagare cosa si cela al di sotto della controversia esposta, essenziale non è solo il cosa le parti vogliono, ma soprattutto il perché e il come di ciò che vogliono. Il metodo attraverso la comprensione ha come fase iniziale l’accettazione del conflitto, tramite il dialogo il mediatore aiuta le parti ad accettare il conflitto consentendo il disagio e la tensione che il disaccordo implica, la strada per l’accordo, passa per la manifestazione limpida del disaccordo.

Manifestare il proprio disaccordo è una grande risorsa per il buon esito del procedimento di mediazione, nel disaccordo vengono manifestate ed espresse molte emozioni rappresentanti dei veri bisogni alla radice della controversia e questa è l’unica strada per arrivare ad una possibile soluzione, il mediatore deve saper creare il giusto contesto atto alla possibilità di tale condivisione.

Gli strumenti a disposizione del mediatore

Il mediatore ha come iniziale strumento per far ciò, ed arrivare alla risoluzione del conflitto, proprio il suddetto looping, il loop della comprensione consente di capire, comprendere, il che ovviamente è molto differente dal condividere. I passaggi nell’attività di looping del mediatore sono quattro e riguardano la comprensione di ciascuna parte, il manifestare tale comprensione; cercare conferma delle parti del fatto che si sentano comprese dal mediatore e ricevere tale conferma. In sostanza il metodo proposto da Friedman e Himmelstein, può essere chiarito in quattro passaggi essenziali: riformulazione, comprensione, creatività e negoziazione.

La creatività che si attua quando le parti volgono il loro interesse verso i valori, ampliando le prospettive in termini di qualità e quantità, porta ad una negoziazione comune. Per stimolare la creatività, occorre una comunicazione che non cada in nessun genere di valutazione, le idee devono sfociare attraverso un’attività di brainstorming, senza soffermarsi sul chi ha pensato all’idea, nessuna ipotesi deve essere esclusa o incoraggiata e anche le idee del mediatore possono essere incluse. Chiaramente se dalla attività creativa si giunge alla negoziazione, nel mezzo è necessario valutare le ipotesi di soluzioni emerse e questo alla luce del dato di realtà e tenendo presente in ogni dato l’aspetto giuridico dei fatti.

I passaggi che il mediatore deve affrontare

Una volta che le parti siano riuscite a generare delle opzioni utilizzando la tecnica del brainstorming, devono compiere tre ulteriori fondamentali passaggi al fine di valutare: assegnare loro un ordine di priorità, confrontarle con gli interessi e bisogni, e infine negoziare il risultato finale.

  • Assegnare alle opzioni un ordine di priorità: ciascuna parte indica soluzioni che giudica più adatte e quello meno percorribili.
  • Confrontare le opzioni con gli interessi e i bisogni: ciascuna parte valuta tutte le opzioni potenzialmente valide sulla base di come queste rispondono agli interessi e ai bisogni ditutte le parti.
  • Negoziare il risultato: le parti perfezionano, esaminano e fanno una scelta tra le diverse opzioni.

Il risultato finale, di tipo circolare, della dialettica hegeliana arriva ad una sintesi che supera la controversia arrivando ad un risultato che porta con sé gli elementi di partenza della tesi e della contrapposta antitesi, per ottenere questo risultato finale, la maieutica socratica è necessaria per chiudere il cerchio riportando le parti al punto iniziale con accordo comune che superi la contraddizione che è, a sua volta, la sintesi che supera il conflitto conciliando in una verità comprensiva dei due poli opposti ( antitesi e sintesi).

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A. avv. Pietro Elia.

 

Tecniche di mediazione: necessario acquisire nuove competenze

Tecniche di mediazione. La capacità di apprendere le tecniche di negoziazione/mediazione deriva dalla necessità del professionista di ridefinire il proprio compito. In molti Paesi si afferma che ci sono troppi avvocati (e l’Italia è uno di questi), eppure negli States, dove il reddito medio è però decisamente più alto ed i tempi processuali più ristretti, in proporzione il numero dei legali è più o meno lo stesso. Oggi ci si pone la domanda su quale sia la funzione del giurista e quindi quale debba essere la sua futura formazione. È evidente che i dubbi sulla sua utilità, su come egli gestisce il conflitto, potrebbero essere fugati con un ampliamento del conflitto anche come facilitatore di soluzioni dello stesso.

Percezione della figura dell’avvocato: problema di crescita e sostenibilità

La figura dell’avvocato eccessivamente legato al contesto delle cause, rischia di diventare socialmente dannosa nella percezione sociale comune, come accade già nel mondo del business, dove il controllo dei costi è diventato una priorità. Si tratta anche di un problema di crescita e sostenibilità: una porzione significativa di professionisti ne ha già preso consapevolezza ed ha intrapreso la strada delle pratiche di diritto collaborativo.

Tecniche di mediazione: necessità di esaminare meglio il conflitto

Per preparare i professionisti in formazione al futuro che li attende, dobbiamo fornire un quadro esaustivo. Il contenzioso aggiudicativo, resterà comunque e probabilmente la modalità più comune della risoluzione delle controversie, ma rimane una sostanziosa quota in cui c’è necessità di esaminare ed affrontare il conflitto anche attraverso dei paradigmi metagiuridici, affinché si crei un giusto equilibrio tra contesto giudiziale e quello stragiudiziale.

A cura del responsabile scientifico Concilia Lex S.p.A. avv. Pietro Elia.

 

Università: tra innovazione e connessioni con il mondo della Giustizia

Università e mediazione. La II^ Giornata Nazionale della Mediazione Civile e Commerciale organizzata da Concilia Lex a Firenze tra tre giorni sarà chiusa dalla Prof. Paola Lucarelli, che è ormai un punto di riferimento imprescindibile per lo sviluppo culturale dell’istituto. Quest’ultima tratterà un tema delicato e fondamentale, qual è “L’università come catalizzatore di innovazione del sistema Giustizia“. Questo argomento rappresenta la svolta culturale che potrà contribuire all’affermazione dei sistemi ADR, in una parola è il futuro di un Sistema Paese migliore.

Università e Adr: prevedere una formazione al conflitto

È giunto il momento che venga espressamente prevista una formazione al conflitto negli Atenei italiani. Non basta conoscere la normativa, le competenze utili nella gestione del conflitto iniziano a formarsi in età molto giovane e si tratta di andare a rafforzare alcuni soft skill che rappresentano competenze trasversali necessarie per eliminare alcune tendenze disfunzionali quali la rabbia e l’insicurezza.

Obiettivo della formazione universitaria: creare professionisti capaci

La formazione universitaria non deve avere direttamente come obiettivo la formazione di mediatori, ma di professionisti consapevoli delle capacità necessarie per saper attraversare il conflitto e magari diventare negoziatori e mediatori. Si tratta dunque di partire da un’inversione di prospettiva differente da quella causidica a tutti i costi ormai superata , ed analizzare le controversie anche con paradigmi metagiuridici che permettono di superare la rigidità e la verticalità del diritto.

Quindi una mission ambiziosa e necessaria che vedrà formarsi le future classi dirigenti secondo un’ impostazione moderna ed elastica. Per tutte le news sulla II^ Giornata Nazionale della Mediazione Civile e Commerciale clicca qui.

A cura del responsabile scientifico della Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.