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L’amministratore necessita della delibera assembleare per partecipare alla mediazione

La sentenza del Giudice del Tribunale di Roma, dichiara improcedibile la domanda di parte istante, amministratore del condominio X,  che legittima la sua autonoma posizione a partecipare alla mediazione senza alcuna delibera assembleare.

Premesso che la legge distingue chiaramente la legittimazione dell’amministratore ad agire in giudizio per la riscossione dei contributi dalla legittimazione a partecipare alla procedura di mediazione esclusivamente con delibera assembleare, la disciplina è chiara nell’attribuire allo stesso amministratore capacità di negoziare sulla res controversa salvo poi la ratifica da parte dell’assemblea della proposta di mediazione.

Ne consegue, nel caso specifico, che la pronuncia di improcedibilità del giudice, è riferita di fatto alla procedura di mediazione che, se pur attivata, non ha avuto luogo perché l’amministratore vi ha partecipato privo di legittimazione assembleare.

Non vi è in capo alla parte istante, il condominio, il solo obbligo di introdurre la composizione della lite come previsto da D. Lgs 28/2010, ma anche di presenziare munito dei poteri necessari per il buon esito del procedimento, rimanendo altrimenti una procedura priva di scopo.

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Mediazione obbligatoria se l’oggetto del contratto non concluso prevede il trasferimento della proprietà

L’azione ex art.2932 c.c.  proposta dalla parte A, ha per oggetto un contratto di compravendita di due piccoli appezzamenti di terreno, ed è diretta a far valere un diritto di obbligazione che tiene conto degli effetti del contratto non concluso.

Seppur quindi, l’azione sia a carattere personale, relativo a contratto definitivo di compravendita non concluso,  viene evidenziato in sentenza, dal Giudice del Tribunale di Teramo, Dott. Eloisa Angela Imbesi, che nella specifica fattispecie, il contratto avesse ad oggetto il trasferimento della proprietà, con la conseguenza della inevitabile rilevanza del diritto reale anche sul piano dell’oggetto della domanda.

Ne consegue che, non avendo parte A, avviato il procedimento di mediazione come azione relativa a controversia in materia di diritti reali contenuta nel comma 1 bis dell’articolo 5 D. Lgs 28/2010, la domanda deve essere dichiarata improcedibile.

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Delega avvocato in mediazione con procura notarile: dichiarata improcedibile la domanda

La sentenza del Giudice Fabrizio Pasquale del Tribunale di Vasto, che dichiara improcedibile la domanda di parte istante, riprende uno degli argomenti più dibattuti della procedura di mediazione.

Durante il procedimento di mediazione, che si è articolato in più incontri, il legale rappresentante della società parte istante,  non è mai comparso personalmente, ma solo attraverso il suo avvocato munito di procura  speciale notarile.

Le argomentazioni del giudice si basano su tre principi fondamentali: 1. non è possibile applicare alla procedura di mediazione le norme del processo che consentono alla parte di farsi rappresentare dal difensore; 2. la funzione dell’avvocato in mediazione come da art.5, comma 1 bis e comma 2, D. Lgs. 28/2010, è di mera assistenza alla parte comparsa; 3. La sola presenza dell’avvocato senza neanche un fiduciario della parte con cui interagire, impedisce al mediatore di svolgere la sua funzione, quale quella di comprendere gli interessi, i bisogni e  i sentimenti delle parti coinvolte.

Pensare infatti di svolgere la mediazione con l’incontro tra mediatori e avvocati, svuoterebbe di significato l’istituto stesso.

In conclusione, il Giudice Fabrizio Pasquale, esclude che la procura speciale notarile al proprio avvocato possa sanare il vizio di illegittimità nello svolgimento della procedura di mediazione ed il relativo rischio di improcedibilità della domanda.

L’atteggiamento assunto dalla parte istante e dal suo avvocato, ha ostacolato il crearsi di occasioni di confronto e di dialogo tra le parti ed il mediatore, contrastante in tutto con lo spirito della mediazione.

Il giudice dichiara improcedibile la domanda.

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La mancata partecipazione di una parte all’incontro di mediazione non comporta l’improcedibilità della domanda.

La sentenza del Giudice del Tribunale di Savona riferisce della richiesta della parte convenuta, di improcedibilità della domanda di parte istante, a seguito della mancata partecipazione di quest’ultima al primo incontro informativo programmatico.

Trattasi di materia condominiale, e fermo restando l’obbligatorietà della mediazione come previsto dall’art.5 del Dlgs 28/10 e la necessaria partecipazione fisica delle parti assistite dagli avvocati,  parlare di improcedibilità, secondo il Giudice, è una conclusione eccessiva.

La mancata partecipazione delle parti, prevede secondo l’art. 8, co 4 bis Dlgs 28/10 una sanzione pecuniaria e la rilevanza di tale comportamento ex art.116 c.p.c.: ciò significa che l’assenza della parte attrice o del convenuto, sarà valutabile come argomento di prova contro l’assente, durante il processo.

Il mediatore ad inizio procedura invita le parti ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la mediazione, pertanto con l’assenza, la parte esprime inconfutabilmente la volontà di non procedere. L’ordinamento riconosce il diritto a non partecipare al processo restando contumace senza conseguenze sul piano processuale, in modo analogo deve essere riconosciuto il diritto a non aderire al procedimento di mediazione. Il giudice sottolinea inoltre il fatto che la presenza fisica della parte non è garanzia di un impegno effettivo a conciliare la lite: presenziare all’incontro di mediazione è d’obbligo ma l’inosservanza non comporta automaticamente l’improcedibilità.

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Non è improcedibilità insanabile il mancato avvio della mediazione

In tema di mancato esperimento della mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 del d.lg. n. 28 del 2010, il giudice, dopo aver rilevato l’improcedibilità dell’azione per mancato esperimento del procedimento di mediazione, non può limitarsi ad emettere una sentenza in rito di improcedibilità dell’azione ma deve assegnare contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Questo è quanto specificato dal Tribunale di Arezzo con questa sentenza parziale del 6 Luglio 2018.

Nel caso di specie il Giudice, verificato all’udienza di precisazione delle conclusioni che la mediazione non era ancora stata svolta, ha respinto la richiesta di parte convenuta di improcedibilità della domanda attrice. Il mancato accoglimento della istanza di parte convenuta è motivata in base all’osservazione cheil mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, ex art. 5 d.lgs. 28/2010 NON ha natura di improcedibilità insanabile.

Alla luce di questa osservazione, il Giudice dovrà rimettere la causa sul ruolo ed assegnare alle parti il consueto termine di quindici per l’attivazione della procedura di mediazione.

Leggi qui: Tribunale di Arezzo Sentenza del 6 Luglio 2018

Decreto ingiuntivo esecutivo se l’opponente non avvia la mediazione

 

Il Giudice Dott. Fabio Di Lorenzo del Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza del 5 dicembre 2017, rende esecutivo il decreto ingiuntivo  invocato dalla banca.

La pronuncia  in questione condivide l’orientamento della Suprema Corte contenuta nella sentenza 24629 del 3 dicembre 2015 con la quale è stabilito che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la parte su cui grava l’onere di introdurre l’obbligatorio tentativo di mediazione è l’opponente.

Seppure questo orientamento non sia uniformemente condiviso, nel caso in esame il magistrato ha puntualmente motivato la sua decisione.

In sede di prima udienza il Dott. Di Lorenzo non aveva concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, ed aveva assegnato all’opponente il termine per l’attivazione della mediazione. Nessuno dei contendenti aveva cominciato la mediazione.

Alla successiva udienza il Magistrato ha constatato l’anzidetta circostanza ed ha rigettato la richiesta della parte attrice della remissione in termini per impedimento dell’avvocato procuratore dichiarando improcedibile l’opposizione.

La decisione è radicata nella constatazione che sia la parte opponente ad avere il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, e dunque, alla luce del dettato dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 nuova formulazione, ad avere l’onere di attivare la mediazione.

Di conseguenza, il mancato avvio della mediazione deve avere effetto sulla domanda che ha introdotto il giudizio, cioè sull’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Osserva il Giudice che il decreto ingiuntivo è già potenzialmente idoneo a diventare definitivo, ad esempio, se non fosse proposta alcuna opposizione. Una pronuncia di revoca del decreto ingiuntivo per il mancato avvio della mediazione  sarebbe irragionevole . In tal modo, infatti, si caricerebbe di un onere eccessivo l’ingiungente, costringendolo a coltivare la mediazione per vedersi confermare un titolo già idoneo a passare in giudicato a fronte della libera scelta dell’opponente di cominciare in giudizio di opposizione.

Siamo certi che il dibattito su questa tematica non si fermerà qui

Qui puoi leggere la sentenza integrale del Tribunale di Torre Annunziata

Condanna ex art. 96 c.p.c.: una esemplare applicazione del Tribunale di Torino

 

Il Tribunale di Torino con sentenza del 18 Gennaio 2017 dà corpo ad una esemplare applicazione della condanna ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

La storia

Due aziende, disciplinano contrattualmente una fornitura di beni concordando che la prima versi alla seconda un anticipo, in due soluzioni, entro il termine stabilito.

La committente appaltatrice adempie alle pattuizioni contrattuali, ma tanto non fa l’azienda fornitrice, che omette di restituire, seppur promesso, l’importo versato a titolo di anticipo. Pertanto la committente deve procedere giudizialmente per vedersi riconosciuto il diritto di rientrare delle somme versate. Trattandosi di “vendita di cose mobili”, invita controparte alla negoziazione assistita, ma senza riscontro.

Le considerazioni

A riguardo, espone il Giudice  Giacomo Oberto, che la mancata risposta al tentativo di negoziazione assistita, comporta la condanna ex art. 96 c.p.c.  per lite temeraria.

Infatti l’ipotesi prevista dall’art. 96 c.p.c. non è collegata alla prova  del danno subito, ma è una sanzione volta a punire un evidente comportamento  di mala fede,  puramente finalizzato alla dilazione del processo. Questo abuso del processo è tanto più grave perché oltre a produrre effetti deleteri per l’attrice, che oltre l’impossibilità di concludere il lavoro commissionatole si è vista sottrarre circa 40.000,00 € che non ha potuto recuperare nel minor tempo possibile, è la manifestazione di una troppo consueta condotta che tiene in ostaggio i Tribunali, i quali diventano luogo della non-giustizia.

L’applicazione sistematica della condanna ex art. 96 c.p.c. per sanzionare il mancato riscontro alla negoziazione assistita, così come la mancata partecipazione alla mediazione, diventa strumento dei Giudici per opporre resistenza all’abuso del processo, e per dare vita a dei veri propri orientamenti giurisprudenziali tesi a scoraggiare, diffusamente, la strumentalizzazione della giustizia.

Leggi qui la sentenza integrale del Tribunale di Torino del 18 Gennaio 2017

Condanna del Giudice

Una delle parti fallisce: cosa accade alla mediazione demandata dal Giudice?

L’antefatto

Il titolare di un conto corrente bancario ed i fideiussori propongono una domande di ripetizioni di indebito.

L’istituto di credito, costituendosi, eccepisce il mancato esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità alla richiesta avanzata da parte attrice.

L’udienza viene perciò rinviata con fissazione del termine a norma dell’art. 5 D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, per presentare l’istanza di mediazione.

Dopo pochi giorni l’attrice dichiara fallimento ma la domanda per la mediazione demandata non è stata depositata.

Alla successiva udienza i fideiussori ed il curatore fallimentare chiedono al Magistrato di fissare un nuovo termine per il deposito della domanda di mediazione. L’istituto di credito insite nella richiesta di dichiarazione di improcedibilità delle domande diparte attrice.

Il parere

Il Giudice, Dott.ssa Arianna Lo Vasco, evidenzia due punti fondamentali:

  • Natura del termine dei 15 giorni
  • Pubblicazione della sentenza fallimentare ed interruzione dei procedimenti giudiziari, ivi compresa la mediazione

In ordine al primo punto il Magistrato abbraccia la tesi della Corte di Appello di Milano (sentenza del 24.05.2017) secondo cui il termine di 15 giorni non può essere considerato di natura perentoria. Questa interpretazione cozzerebbe con la finalità stessa dell’istituto della mediazione, volta ad uno scopo deflattivo e di pacificazione sociale.

La sentenza

Di maggiore interesse, e soprattutto inedita, è la risoluzione della questione posta al punto 2.

La pubblicazione della sentenza di fallimento, sostiene il Magistrato trapanese con chiaro riferimento all’ art.43 l.f., determina l’interruzione dei procedimenti giudiziari. Tra questi si ricomprende anche la mediazione per il suo stretto legame con il processo: da una parte, per gli espliciti scopi deflattivi , e dall’altra perché suscettibile di incidere sullo svolgimento del processo stesso e sui suoi esiti.

Tribunale di Trapani sentenza del 6 Febbraio 2018

Verbale di mediazione: se è firmato dai soli avvocati?

E’ sempre vero che il verbale di mediazione positivo ed il relativo accordo debbano necessariamente essere omologati dal presidente del Tribunale per ottenere un titolo esecutivo, quando la sottoscrizione dello stesso è stata effettuata dai soli legali?

Attestazione di conformità: sempre necessaria?

La risposta potrebbe essere meno scontata di quel che si pensi alla luce della sentenza emessa in data 7 settembre 2016 dalla Dott.ssa Valentina D’Aprile del Tribunale di Bari. Il Magistrato ha stabilito che nel verbale di mediazione di esito positivo e nell’allegato accordo di conciliazione, l’omessa certificazione e attestazione di conformità sono ininfluenti ai fini della eventuale inefficacia esecutiva del titolo / verbale di mediazione per raggiungimento dell’accordo.

Difatti, l’opponete debitore- esecutato, aveva avanzato la richiesta di sospensione dell’esecuzione del rilascio dell’immobile perché il verbale di mediazione, sottoscritto dai soli avvocati, e privo dell’attestazione di conformità, sarebbe stato inidoneo, mancando soddisfacente certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico per dar seguito all’esecuzione del precetto.

Per quanto possa essere condivisibile la conclusione cui perviene  il giudice barese, che sottolinea come la presenza e la sottoscrizione del verbale di mediazione e dell’allegato accordo da parte dei solo legali assolva di per sé ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico, scopo che ha reso obbligatoria la loro presenza in mediazione, fa più  rumore il silenzio riguardo alla assenza ed alla mancata sottoscrizione del verbale di mediazione e dell’accordo dalle parti stesse, dai soggetti, cioè, protagonisti della vicenda.

E l’assenza delle parti?

Non possiamo sapere se il verbale di mediazione,  e soprattutto l’accordo, sarebbero mai stati effettivamente sottoscritti dalle parti ed è lecito  pensare che il mancato rispetto delle pattuizioni possa essere nato per una mancata aderenza tra le condizioni dell’accordo e le effettive volontà di una delle parti. Crediamo che questo debba far riflettere, più che sulle eventuali questioni successive al mancato rispetto dell’accordo, su quanto e quanto ancora sia fondamentale insistere su un genuino e positivo egocentrismo delle parti in mediazione.

 

Leggi qui la sentenza integrale

Estinzione dell’opposizione se non viene attivata la mediazione

La declaratoria di improcedibilità è assimilabile alla estinzione dell’opposizione a decreto ingiuntivo se non viene attivata la mediazione demandata.

Questa è la precisazione del Tribunale di Torino che ha ritenuto improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo per la mancata partecipazione dell’attore alla mediazione demandata.

Il Giudice, che aveva già formulato proposta conciliativa ex art. 185 c.p.c., ha osservato che, a prescindere dalla sanzione di improcedibilità dell’art. 5 co. 2 del D. Lgs 28/2010, la mancata attivazione della mediazione demandata si qualifica come inattività delle parti che non hanno dato seguito all’ordine del Magistrato.

Nello specifico l’opponente, attore nel giudizio, non ha né attivato la mediazione né si è presentato all’incontro dinanzi al mediatore e, pertanto, il Giudice, dichiarando l’improcedibilità della domanda, ha condannato l’attrice al pagamento del contributo unificato e delle spese del giudizio.

Degna di osservazione, poiché riguarda la modalità operativa adottata da ciascun Organismo, è il fatto che nel caso in esame la comunicazione della istanza sia avvenuta esclusivamente tra avvocati escludendo il tramite dell’OdM e relegandone la funzione al solo incontro davanti al mediatore:  uno spunto che dovrebbe indurre a riflettere su una omogeneizzazione della procedura, fondamentale, dato il legame che stringe a doppio filo il processo e la mediazione.

 

Scarica qui la sentenza del Tribunale di Torino del 4 Ottobre 2017