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I miti da sfatare sulla formazione in mediazione

Nonostante la cultura della mediazione sia oggi in Italia molto più diffusa rispetto a qualche anno fa, ancora bisogna fare i conti con alcune errate convinzioni dure a morire, e con veri e propri miti da sfatare. Alcuni di questi, in particolare, hanno a che fare proprio con la formazione.

Primo dei miti da sfatare: “Non si impara ad essere mediatori”

Una prima errata convinzione, sostenuta ancora da qualcuno (perfino da qualche addetto ai lavori) riguarda il fatto che “non si impara ad essere mediatori”, ma si tratterebbe di una caratteristica innata in una persona, a cui non si può arrivare attraverso formazione specialistica. Ciò varrebbe anche per le tecniche di negoziazione.

A sfatare questo mito sono semplicemente i fatti, dal momento che un mediatore che ha seguito corsi accreditati presso organismi di mediazione ufficialmente riconosciuti, statisticamente riesce a gestire molto meglio tutte le controversie che gli si presentano. Questo perché ha acquisito competenze (che hanno a che fare con materie come il diritto, la psicologia, le dinamiche economiche e sociali, le strategie di comunicazione) che l’attitudine naturale e l’esperienza sul campo non possono garantire.

Secondo mito da sfatare: “L’arte della mediazione si apprende solo sul campo”

Altro mito ancora, purtroppo, molto diffuso, è che “l’arte della mediazione si imparerebbe davvero solo sul campo, con l’esperienza diretta”. Ciò non può essere corretto, dal momento che, è provato da studi psicoanalitici, le persone che imparano dalla propria esperienza sono davvero poche! Comportandosi solo secondo l’esperienza e senza regole riconosciute nel settore della formazione in mediazione, inoltre, un mediatore non formato adeguatamente potrebbe commettere anche errori gravi, per sé stesso e per la clientela, con svantaggio professionale e di prestigio.

La formazione e la sua duplice funzione strategica

Ecco perché la scelta, strategica e innovativa, nasce dal presupposto che la formazione assolve ad una duplice funzione: la valorizzazione dei mediatori e, conseguentemente, il miglioramento dei servizi offerti ai cittadini. Insomma: per affrontare e gestire i processi di cambiamento e garantire un’elevata qualità dei servizi, si deve continuare ad investire sulle conoscenze, sulle capacità e sulle competenze dei professionisti.