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Indennizzo per equa riparazione ed effetto interruttivo della domanda di mediazione: interviene la Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione è intervenuta con la sentenza del 26 Ottobre 2018 sulla questione della equa riparazione ed effetto interruttivo della domanda di mediazione.

La Suprema Corte, a riguardo, ha fatto due importanti precisazioni.

Effetto interruttivo della domanda di mediazione

La prima: seppure il diritto alla ragionevole durata del processo, quale diritto fondamentale della persona, non è disponibile, pertanto non suscettibile di mediazione, tale è invece il diritto all’equa riparazione per durata irragionevole, perché diritto patrimoniale.

La seconda: il deposito della domanda di mediazione non è di per sé sufficiente ad interrompere il termine di decadenza dal diritto di agire per l’equa riparazione. Tale termine, infatti, è stabilito ai sensi dell’articolo 5 comma 6 del d. Lgs 28/2010 nella “comunicazione alle altre parti”, tempo evidentemente successivo rispetto a quello del deposito.

Ultima osservazione, ma non meno importante: qualora la mediazione si concluda con esito negativo, la sentenza in esame (riprendendo la sentenza Cass. SS. UU. N. 17781/2013) stabilisce che il termine semestrale per la proposizione della domanda giudiziale decorre ex novo dal deposito del verbale di mancato accordo presso la segreteria dell’OdM.

Per concludere

In conclusione, in materia di Indennizzo per equa riparazione:

– E’ possibile depositare domanda di mediazione

– La comunicazione della domanda alla parte invitata comporta l’interruzione, per una sola volta, del termine di prescrizione.

– In caso di esito negativo della mediazione, il termine per il deposito della domanda giudiziale ricorre ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell’OdM

Leggi qui la sentenza della Corte di Cassazione del 26 Ottobre 2018

Mediazione nei contratti di leasing immobiliare: per la Corte di Cassazione non c’è mediazione obbligatoria

Possono i contratti di leasing immobiliare essere inclusi nelle materie dei contratti bancari e finanziari? La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione con la ordinanza  n. 15200 depositata il 12 Giugno 2018.(qui il testo integrale)

La pronuncia delle Corte d’Appello di Firenze

Gli Ermellini, hanno sposato, rafforzandola e chiarendola, la precedente sentenza del 2016 della Corte d’Appello di Firenze, con la quale era stata respinta l’eccezione di improcedibilità della domanda attivata da un istituto di credito nei confronti di una società immobiliare, lamentando, quest’ultima, che non era stata attivata la mediazione obbligatoria.  La Corte D’Appello di Firenze con la sentenza n. 80 del 2016 aveva già riscontrato la problematicità della questione poi portata all’attenzione della Suprema Corte. La natura del contratto di leasing immobiliare, all’apparenza, potrebbe comportare l’assimilazione di questo genere di rapporti ai contratti finanziari o alla locazione, entrambe sottoposti alla mediazione obbligatoria. Sul punto, sottolinea però ancora il collegio dei Giudici dell’Appello, la natura atipica del contratto di leasing come contratto di locazione da una parte, e la sola natura finanziaria del leasing, non bastano a far pendere l’ago della bilancia in favore di una totale assimilazione del leasing a un contratto di locazione o ad un contratto finanziario. Per cui, la mediazione obbligatoria è esclusa.

La pronuncia in Cassazione

Quello che per i Giudici dell’Appello era riconosciuto come un aspetto problematico, viene definitivamente chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza 15200 (leggi qui il testo integrale). Non vi sono dubbi che il leasing immobiliare non debba essere soggetto alla condizione di procedibilità dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2010. Infatti, come già paventato all’esito del II grado del giudizio, che aveva considerato dirimente il criterio d’interpretazione restrittivo della disciplina, i Giudici della Cassazione sciolgono ogni dubbio con la motivazione che il legislatore del Decreto 28 ha fatto riferimento a contratti bancari e non a contratti stipulati con istituti di credito; e a contratti finanziari e non a contratti con finalità di finanziamento.

Decreto ingiuntivo esecutivo se l’opponente non avvia la mediazione

 

Il Giudice Dott. Fabio Di Lorenzo del Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza del 5 dicembre 2017, rende esecutivo il decreto ingiuntivo  invocato dalla banca.

La pronuncia  in questione condivide l’orientamento della Suprema Corte contenuta nella sentenza 24629 del 3 dicembre 2015 con la quale è stabilito che nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la parte su cui grava l’onere di introdurre l’obbligatorio tentativo di mediazione è l’opponente.

Seppure questo orientamento non sia uniformemente condiviso, nel caso in esame il magistrato ha puntualmente motivato la sua decisione.

In sede di prima udienza il Dott. Di Lorenzo non aveva concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, ed aveva assegnato all’opponente il termine per l’attivazione della mediazione. Nessuno dei contendenti aveva cominciato la mediazione.

Alla successiva udienza il Magistrato ha constatato l’anzidetta circostanza ed ha rigettato la richiesta della parte attrice della remissione in termini per impedimento dell’avvocato procuratore dichiarando improcedibile l’opposizione.

La decisione è radicata nella constatazione che sia la parte opponente ad avere il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, e dunque, alla luce del dettato dell’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 nuova formulazione, ad avere l’onere di attivare la mediazione.

Di conseguenza, il mancato avvio della mediazione deve avere effetto sulla domanda che ha introdotto il giudizio, cioè sull’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Osserva il Giudice che il decreto ingiuntivo è già potenzialmente idoneo a diventare definitivo, ad esempio, se non fosse proposta alcuna opposizione. Una pronuncia di revoca del decreto ingiuntivo per il mancato avvio della mediazione  sarebbe irragionevole . In tal modo, infatti, si caricerebbe di un onere eccessivo l’ingiungente, costringendolo a coltivare la mediazione per vedersi confermare un titolo già idoneo a passare in giudicato a fronte della libera scelta dell’opponente di cominciare in giudizio di opposizione.

Siamo certi che il dibattito su questa tematica non si fermerà qui

Qui puoi leggere la sentenza integrale del Tribunale di Torre Annunziata

Cassazione: il dies a quo non cambia

Un recentissimo dictum della Corte di Cassazione (sentenza del 13 giugno 2017, leggila qui) respinge una forzata interpretazione dell’art. 176 del Codice di procedura civile che regolamenta il criterio di conoscenza delle ordinanze emesse dal magistrato. La questione davanti al Giudice di legittimità è la conseguenza della dichiarazione di improcedibilità, ad opera del Tribunale di Napoli, della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione proposta nelle forme del giudizio di convalida di sfratto.

Distorta applicazione della norma

Il ricorrente, nel caso di specie, contestava una distorta applicazione della norma di cui sopra associate alla violazione degli artt. 136 e 156 c.p.c.. Quindi l’ordinanza che prevedeva il tentativo di mediazione sarebbe dovuta essere comunicata alle parti con biglietto di cancelleria, non avendo ragion d’essere la presunzione di conoscenza ex art. 176 c.p.c..

La Cassazione non ha condiviso tale doglianza

La Cassazione non ha condiviso tale doglianza, proprio partendo dal tenore letterale del secondo comma dell’art. 176, che espressamente prevede che le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi*; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate* a cura del cancelliere* entro i tre giorni successivi. Quindi non si può estendere l’enunciato normativo che prevede la nullità delle ordinanze pronunciate fuori udienza, qualora queste ultime non siano comunicate dalla cancelleria nel termine previsto.

*Le definizioni dei termini rimandano al dizionario giuridico Brocardi.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Revirement meneghino sul termine ex art. 5 co 2

Revirement meneghino. Dopo che circa un paio di mesi fa Corte d’Appello di Milano aveva statuito che l’improcedibilità, nel caso di specie, è derivata dalla circostanza che la parte onerata non si sia minimamente curata della facoltà di chiedere una proroga del termine per attivare la mediazione, prima della sua scadenza ai sensi dell’art. 154 c.p.c.., ora aggiusta il tiro e si rende più tranchant sui fatidici 15 giorni ex art. 5 D. Lgs 28/2010 2 co.. Continue reading →

Suprema Corte: Reato additare la moglie come “mantenuta”

Suprema Corte: Chiamare la ex moglie con l’appellativo di “mantenuta”, anche se effettivamente quest’ultima non si impegna a cercare un lavoro, può essere illecito civile oppure vero e proprio reato. Lo ha stabilito nei giorni scorsi la Corte di Cassazione (sez. V Penale, sentenza 26 maggio – 5 gennaio 2016, n. 522), decretando un risarcimento alla vittima che ha subìto l’ingiuria diretta. Può anche capitare, però, che il marito possa parlare della ex moglie in questi termini quando lei non è presente, ma in presenza d’altri (almeno due persone). In questo caso le cose si complicano: qui infatti scatta il vero e proprio reato di diffamazione, che prevede anche conseguenze penali e processuali. Continue reading →