Notizie e aggiornamenti dal mondo della Mediazione

Sistemi ADR: visione limitata alla sola deflazione delle cause

Si profila all’orizzonte di studiosi e operatori del sistema della giustizia civile italiana, ma soprattutto di cittadini e imprese, una nuova riforma del processo alla quale si accompagna anche quella della mediazione e della negoziazione assistita. Il tema è sempre quello dei “tempi della giustizia” e, nell’ottica di rendere maggiormente efficiente il sistema il testo del disegno di leggedelega, approvato il 5 dicembre 2019 dal Consiglio dei ministri su
proposta del ministro della Giustizia, contiene disposizioni «destinate a incidere profondamente sulla disciplina del contenzioso civile, nell’ottica
della semplificazione, della speditezza e della razionalizzazione delle procedure, fermo restando il rispetto delle garanzie del contraddittorio».
Non è questa la sede per analizzare nel dettaglio le singole norme, ma la lettura dell’articolato e della relazione illustrativa conferma che l’idea
di fondo è che si possano risolvere i problemi della giustizia civile modificando ancora una volta le norme processuali e poi ridimensionando la mediazione e rafforzando la negoziazione assistita. Tale rilievo desta qualche preoccupazione e la riflessione prescinde chiaramente dalla valutazione della singola modifica e anche dalla verifica della sua potenziale capacità o meno di migliorare il meccanismo processuale, in quanto la prospettiva resta quella di una visione focalizzata esclusivamente sull’elaborazione di rimedi e di altri rimedi sui rimedi. Di qui il dubbio che dilatare o restringere i termini, ovvero modificare la forma degli atti, o ancora tagliare i riti, possano risultare soluzioni se non del tutto inefficaci quanto meno insufficienti o, comunque, inadeguate.
L’esperienza maturata nei precorsi decenni con le ripetute riforme delle regole processuali ha reso evidente come occorra calibrare sempre
con particolare cura le modifiche tenendo presente che alle stesse si accompagnano inevitabilmente fasi lunghe e complesse di transizione.
E una particolare attenzione deve essere riservata alle modifiche che riguardano la mediazione e anche la negoziazione assistita.
Per la mediazione si prevede di escludere il ricorso obbligatorio, in via preventiva, alla mediazione in materia di responsabilità medica e
sanitaria e di contratti bancari, finanziari e assicurativi, fermo restando il ricorso alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie
previsto dalle leggi speciali; si prevede invece di estendere il ricorso obbligatorio alla mediazione per il contratto di mandato e per i rapporti di mediazione. Tale scelta viene motivata sulla base della lettura delle statistiche elaborate dal ministero della Giustizia che renderebbe «evidente il
successo dell’istituto in alcuni settori… ed il suo insuccesso in altri» tanto da ritenere opportuno «in un’ottica di semplificazione, eliminare il
necessario ricorso, in via preventiva alla mediazione, nei casi in cui l’istituto non ha dato buona prova di sé e nei quali, dunque, esso costituisce un inutile onere per le parti».
A ben vedere, quella che appare prima facie una rimodulazione delle materie nelle quali la mediazione è attualmente condizione di procedibilità della domanda giudiziale sottende invero una sostanziale riduzione di tale ambito e, soprattutto, pone una serie di problematiche alquanto complesse e delicate in relazione ai diversi sistemi Adr adottati in quelle materie che verrebbero sottratte alla preventiva mediazione (che peraltro già si pone quale alternativa agli altri procedimenti Adr; si pensi all’Abf per le liti bancarie che pure sconta limiti di competenza significativi rispetto alla mediazione).
Ma la riduzione degli spazi della mediazione riguarda anche la materia dello scioglimento delle comunioni. Infatti, il Governo riconoscendo l’efficacia della mediazione in questo ambito di controversie decide di potenziarla, ma introducendo una diversa procedura che invero nulla ha a che vedere con la mediazione. Per cui anziché rafforzare la mediazione vigente la esclude, introducendo per queste liti una diversa procedura affidata ad avvocati e notai (secondo un percorso che viene impropriamente definito nella relazione illustrativa come «speciale procedimento di mediazione»).
Per meglio comprendere tuttavia la direzione nella quale si muove la riforma occorre leggere proprio quei dati statistici che sono posti alla
base della scelta operata dal Governo.
L’erosione dell’ambito della mediazione emerge con evidenza se si considera che saranno a esso sottratte 55.000 procedure che rappresentano circa il 40% delle istanze di mediazione. E per circa 39.000 procedure la ragione risiederebbe nell’“insuccesso” determinato dalla modesta adesione di banche, intermediari, assicurazioni e ospedali alle procedure avviate nei loro confronti. Scelta che viene quindi adottata senza considerare che si potrebbe invece rafforzare la mediazione per renderla maggiormente efficace anziché eliminarla.
D’altro canto, l’estensione prevista in materia di contratto di mandato e di rapporti di mediazione appare utile, ma del tutto marginale (nel 2018
sono state iscritte solo 1.067 per il mandato e 1.131 per la mediazione nuove procedure).
In questa logica di successo/insuccesso della mediazione chiaramente improntata a fini meramente deflativi resta sullo sfondo la funzione
conciliativa e rimane frustrata l’esigenza di garantire l’equilibrio tra mediazione e processo secondo quanto richiesto dalla Direttiva 52/2008.
Per cui tagliare la mediazione quale alternativa in materia di contratti bancari, finanziari, assicurativi affidando dette liti soltanto ai sistemi
aggiudicativi presso le autorità indipendenti, non solo crea una serie di problemi a questi ultimi (data la loro attuale configurazione che prevede
stringenti limiti di competenza rispetto alla mediazione), ma sottrae una alternativa e quindi una opportunità rimessa alla scelta di chi agisce. Ciò
vale anche per la materia della responsabilità medica ove si segnalano numerose buone prassi che denotato l’utilità della mediazione e ne suggeriscono il rafforzamento e non certo la dismissione, quale filtro per la domanda giudiziale.
Quanto alla negoziazione assistita – che vede sottrarsi l’ambito del risarcimento derivante dalla circolazione stradale – occorrerebbe una
separata riflessione posto che viene prevista la possibilità di una «attività di istruttoria stragiudiziale» da svolgersi nel rispetto del contraddittorio e facendo salva sempre la possibilità per il giudice di rinnovazione ogni qual volta lo ritenga opportuno. E ciò anche in relazione ai numeri maturati in questi anni dalla negoziazione assistita obbligatoria (i dati rilevati dal Cnf per il triennio 2016/2018 sono davvero marginali: risarcimento danni 127; pagamento somme 1.914) e senza considerare che anche la Corte costituzionale di recente ha posto in evidenza come «la presenza di un terzo del tutto indipendente rispetto alle parti giustifica, infatti, le maggiori possibilità della mediazione, rispetto alla negoziazione assistita, di conseguire la finalità
cui è preordinata» (Corte costituzionale, sentenza n. 97 del 2019).
L’auspicio è che l’iter parlamentare possa consentire un confronto e un approfondimento sui temi oggetto della riforma e che parallelamente
il Ministro possa dare spazio a un tavolo tecnico per la razionalizzazione e l’armonizzazione delle procedure di dispute resolution. I tempi sono
maturi per disegnare un sistema della giustizia civile che nella sua complessità sia efficiente, equilibrato e sostenibile.

A cura di: Prof. Marco Marinaro – Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore

Udienza di rinvio e mediazione

La condizione di procedibilità risulta avverata nel momento in cui, il primo incontro di mediazione si tiene entro la data di udienza fissata dal giudice per la prosecuzione del giudizio.

Il giudice, facendo riferimento ad entrambi gli orientamenti giurisprudenziali contrapposti in merito alla natura ordinatoria e perentoria del termine di 15 giorni, assegnato per il deposito dell’istanza di mediazione, ribadisce nel caso di specie, che la parte opponente ha depositato, con colpevole ritardo, la domanda di mediazione, solo 4 giorni prima dell’udienza fissata dal giudice, con ciò pregiudicando l’effettivo esperimento del procedimento.

Poiché la condizione di procedibilità si considera avverata solo dopo che si sia tenuto il primo incontro informativo programmatico, ed essendo giunti all’udienza senza che esso si fosse svolto a seguito del tardivo deposito dell’istanza per inerzia della parte, la domanda proposta dagli attori è correttamente dichiarata improcedibile.

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La presenza della parte a tutela della corretta procedura

Il dott. Massimo Moriconi, Giudice del Tribunale di Roma, asserisce che è escluso dalla legge alla radice che possa ritenersi ritualmente instaurato il procedimento di mediazione con la presenza del solo avvocato, seppur munito di delega del cliente.

L’art. 8 primo comma terzo periodo dispone che al primo incontro e agli incontri successivi, fino al

termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato.

E prosegue, prevedendo che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione

e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro,

invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di

mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.

Occorre chiedersi se l’espressione “parte” possa essere correttamente interpretata.

Il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore

professionale il quale può, grazie all’ interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a

ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni

in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e

definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione. Solo la parte personalmente conosce intimamente e profondamente quali siano i suoi

reali interessi, quali i punti fermi ed irrinunciabili e quali quelli che tali non sono.

Va considerato inoltre che la mancanza della presenza personale, è idonea, indirettamente, ad

affievolire le possibilità di un accordo, anche per un’altra ragione.

Può accadere, che la parte non presente in mediazione (e delegante) rinneghi l’accordo raggiunto

dall’avvocato che abbia asserito, verbalizzandolo in mediazione, di rappresentarla.

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Non è avverata la condizione di procedibilità se non si svolge l’incontro di mediazione

La sentenza in oggetto, Tribunale di Firenze,  afferma, in contrapposizione alla Corte di Cassazione, che la mediazione deve svolgersi fattivamente per assolvere alla condizione di procedibilità.

In fase di svolgimento della procedura di mediazione, una delle parti, viste le posizioni lontane, aveva arbitrariamente deciso di non entrare nel merito della mediazione,  e quindi di non proseguire,  ritenendola una inutile perdita di tempo.

A differenza di quanto asserito dalla Corte Costituzionale, che la condizione di procedibilità si avvera con il solo svolgimento dell’incontro informativo programmatico, il giudice designato, in questo caso, afferma che comparire dinanzi al mediatore per una pura attività informativa, significa far perdere di significato e sminuire un procedimento che ha come obiettivo la risoluzione di un conflitto tenendo conto degli interessi e dei bisogni reali delle parti.

Tale comportamento manifesta la mancata volontà di mediare.

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L’inadempimento alla stipulazione di un contratto di compravendita non rientra nella mediazione obbligatoria

L’oggetto della controversia trattata, riguarda l’inadempimento da parte di una società incaricata dal Comune di Roma, della stipula di un contratto di compravendita.

Il giudice incaricato rigetta l’eccezione di improcedibilità sollevata da una parte, per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria.

In effetti la causa non verte in materia di diritti reali, ma concerne un preteso inadempimento dell’amministrazione all’obbligazione precedentemente assunta  di stipulazione di un contratto di compravendita.

Si tratta quindi di controversia  relativa ad un rapporto obbligatorio, non rientrante  nelle materie soggette al procedimento di mediazione obbligatoria di cui all’art.5  co.1 bis D.Lgs. 28/2010.

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Le ragioni della pretesa non riferiscono ad elementi di diritto

Il giudice Dott. Piero Leanza, nella sentenza  in oggetto rileva  che, l’art. 4 D.Lgs. 28/2010 richiede  che siano indicate le “ragioni della pretesa”, riferendosi ai fatti oggetto della pretesa come un accadimento ingiusto.

L’istanza di mediazione non richiede  anche l’indicazione degli “elementi di diritto”, come avviene per la citazione, ex art.163 c.p.c.

Nella fattispecie, secondo quanto allegato in comparsa di risposta dal convenuto, la divergenza consisterebbe soltanto nell’indicazione, in sede di mediazione, della domanda di risoluzione di un contratto anziché della riduzione del prezzo, non avendo il convenuto contestato espressamente che la mediazione avesse avuto ad oggetto fatti diversi da quelli oggetto del giudizio.

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La Corte di Cassazione ribadisce la presenza personale delle parti in mediazione

La Corte di Cassazione è chiamata in questa circostanza a pronunciarsi relativamente ad una controversia nascente da una richiesta di risoluzione di un contratto di locazione, la cui procedura di mediazione si svolgeva in maniera anomala.

La società locataria eccepisce l’improcedibilità della domanda di mediazione rilevata dal Tribunale di Udine, in quanto il primo incontro si svolgeva alla sola presenza dei difensori in violazione dell’art.8 del D. Lgs 28/2010. La Corte di Appello rigetta la domanda, ritenendo che la mediazione non fosse mai iniziata. E’ necessario il contatto tra il mediatore e le parti, per dirsi avverata la condizione di procedibilità: deve il mediatore invitare le parti e i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura?

L’appellante propone ricorso e la Corte di Cassazione stessa, conferma la decisione della Corte di Appello di Trieste, e la stessa Corte di Cassazione in un breve passaggio, sottolinea che è necessario che il difensore debba essere munito di procura speciale notarile per la rappresentanza sostanziale della parte.

In questa sentenza vi sono diverse contraddizioni: l’improcedibilità della domanda attribuita per la mancata partecipazione personale delle parti ma si fa poi riferimento alla possibilità di far partecipare il legale munito di procura notarile e, si accenna inoltre, alle capacità negoziali dell’avvocato che assiste la parte in mediazione.

Perché si realizzi la condizione di procedibilità è necessario che le parti si presentino davanti al mediatore per esporre le proprie motivazioni ed essere informate sulla procedura per una scelta consapevole. La mediazione è delle parti, dei legali, oggi ben consapevoli del ruolo che rivestono in sede di mediazione, e del mediatore che ha l’arduo compito di guidare tutti gli attori protagonisti del procedimento verso un accordo consapevole, soddisfacente e duraturo.

Le interpretazioni della norma, e le contraddizioni giurisprudenziali non giovano all’istituto della mediazione.

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Revoca del gratuito patrocinio per atteggiamento ostativo alla mediazione

La sentenza di cui di seguito, è riferita ad una procedura incardinata per sfratto per morosità,  per cui a seguito della disposizione del mutamento del rito, il  giudice il dott. Marcello Polimeno, dispone l’attivazione della procedura di mediazione.

Nel caso di specie, il giudice revoca l’ammissione al gratuito patrocinio a  spese dello Stato della parte intimata, perché quest’ultima ha proposto opposizione, al solo scopo di prolungare la sua permanenza nell’immobile locato. Ha successivamente deciso di non comparire, neanche tramite il proprio difensore legale, alla procedura obbligatoria di mediazione.

Il dott. Marcello Polimeno, ritenendo che la parte intimata abbia tenuto un comportamento non conforme ai canoni della lealtà processuale per la dilazione dei tempi, e che la mancata partecipazione alla procedura di mediazione non abbia giustificato motivo, non solo revoca l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, concessa in via provvisoria dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Avellino, ma condanna la parte al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.

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La mediazione è di supporto al processo

Secondo il Giudice  dott. Francesco Cislaghi del Tribunale di Napoli, la mediazione non deve essere vista come un’antagonista del processo. Questo concetto è ben chiaro nell’ordinanza che ha emesso  invitando le parti a raggiungere un accordo conciliativo e a depositare istanza di mediazione presso un organismo a scelta  delle parti congiuntamente oppure di quella che per prima vi acceda.

Ciò che viene evidenziato nel contenuto dell’ordinanza sono i reali interessi di ciascuna delle parti, e che l’accordo conciliativo potrebbe essere la chiave di svolta nella ricerca di una soluzione vantaggiosa per entrambe, tenuto conto, inoltre, della natura della controversia di non particolare difficoltà, del valore e del fatto che l’esito del giudizio possa essere diverso o peggiore rispetto a quello ambito.

Il giudice ritiene opportuno orientare le parti, nella ricerca di un accordo, con una proposta da sviluppare poi autonomamente, con l’ausilio di un mediatore professionale,  il tutto in fase di mediazione.

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Le parti inviate dal giudice in mediazione, devono scegliere un organismo competente e professionale

Il Giudice Dott. Massimo Moriconi, del Tribunale di Roma, nella sua ultima ordinanza del 04 febbraio 2019, invita le parti ad intraprendere un percorso di mediazione.

Analizzata la documentazione, e valutato che ci fossero tutti i presupposti per le parti, di addivenire ad un accordo conciliativo, dispone un percorso di mediazione demandata.

Fissa il termine dei 15 giorni, rimette alle parti, congiuntamente oppure a chi per prima vi proceda, la scelta accurata di un organismo di mediazione: la scelta deve essere motivata da comprovate esperienza e professionalità dell’ente, caratteristiche utili e necessarie affinché si svolga proficuamente la procedura di mediazione, si raggiunga nel più breve tempo possibile la conclusione, che deve essere vantaggiosa per tutte le parti dal punto di vista economico, fiscale e per la controversia stessa.

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