Notizie e aggiornamenti dal mondo della Mediazione

Mediazione online: ecco quali potrebbero essere le criticità

La mediazione online, oltre a tanti vantaggi e caratteristiche positive, potrebbe a volte presentare delle criticità. Questo almeno stando alle esperienze di coloro che vi si sono affidati. Per ciò che concerne la mancata presenza personale delle parti, ad esempio, si può mettere in evidenza che essa, se nella mediazione tradizionale può creare del disagio, nell’interazione diretta può consentire una lettura del linguaggio del comportamento ed elimina i rischi di eccessiva formalizzazione causata proprio dall’assenza delle parti. Inoltre la possibilità di descrivere la propria versione direttamente alla controparte e di esprimere le proprie emozioni, può certamente esercitare una funzione “catartica” sui partecipanti alla mediazione.

Mediazione online e dinamiche relazionali differenti

La mediazione online del resto manca delle dinamiche caratterizzanti la mediazione tradizionale, perché si realizza a distanza e dinanzi allo schermo del pc. Se si trattasse solo di liti emerse nell’e-commerce, tali caratteristiche non creerebbero particolari problemi, ma ove si estendesse a dispute più legate ad aspetti emotivi, la separazione materiale delle parti si tradurrebbe nella perdita di una grande opportunità di definizione della controversia.

L’importanza dell’aspetto emotivo

La disgiunzione dei litiganti potrebbe poi costringere le parti a raccontare la propria versione in termini logici e razionali, senza dare una diretta percezione di come gli altri soggetti coinvolti nella controversia stiano reagendo a quanto si sta affermando. Inoltre, nella mediazione cibernetica, l’assenza di una presenza materiale potrebbe rendere difficile al mediatore il mantenimento dell’effettivo controllo della negoziazione delle parti. Alla luce di tali considerazioni, pare logico affermare che questa tipologia di mediazione sia più efficace nelle questioni bagatellari o comunque dove non emerge in maniera prevalente l’aspetto emotivo. Importante, infine, la formazione del mediatore anche in questo campo, con un professionista che dovrà essere in grado di gestire la situazione anche sul campo online.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A. avvocato Pietro Elia.

L’eventuale nullità di un procedimento di mediazione può essere fatta valere solo nel procedimento giudiziario

L’eventuale nullità di un procedimento di mediazione può essere fatta valere solo nel procedimento giudiziario. Il Tribunale di Padova, nella sentenza dello scorso 19 ottobre (leggila qui), è stato chiamato a decidere in merito ad un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Quest’ultimo era stato emesso per indennità di mediazione non corrisposte da una o più parti dopo lo svolgimento della procedura di mediazione. In tale contesto si esclude che le eccezioni avanzate dall’ opponente possano trovare spazio in altro procedimento giudiziario anche se relativo al procedimento di mediazione contestato e in specie quello apertosi per il pagamento delle indennità di mediazione.

Le eccezioni di nullità dovranno pertanto essere fatte valere solo nel procedimento principale, quello dal quale la procedura di mediazione ebbe origine. La motivazione della decisione del Tribunale di Padova è   basata sia sulle singole questioni di nullità sollevate dalla parte, nonché dal fatto che il verbale di chiusura del procedimento non fosse stato impugnato per falsità, e che dunque esso era da considerarsi prova dei fatti svoltosi.

Il tribunale di Padova si esprime anche sulla presenza/assistenza dell’avvocato

Ma la sentenza del Tribunale di Padova emessa lo scorso 19 ottobre appare rilevante anche per un’altra questione poco dibattuta ed oggetto dell’eccezione di nullità avanzata da una parte: la presenza e l’assistenza dell’avvocato nella procedura di mediazione. Questa, secondo il Tribunale di Padova deve essere letta attraverso il combinato disposto degli articoli 8 e 12 del d. lgs. n. 28/2010 e ss.mm.,[1]  oltre che  alla luce della sentenza emessa dalla Corte di Giustizia in data 14.6.2017 C 75[2] , secondo la quale nelle procedure ADR che riguardano i consumatori la presenza e l’assistenza dell’avvocato non possono essere prescritte come obbligatorie.

Il Tribunale sembra accogliere la decisione della Corte Europea e farne proprie le conclusioni criticamente, anche se a parere di questo commentatore la controversia sottoposta al giudice di Padova non pare affatto pertinente al rapporto professionista/consumatore o più in generale alla materia del consumo e dunque affatto pertinente al thema decidendum.

Commento a cura dell’avvocato Maria Vittoria Occorsio.

 

[1] Sia consentito il riferimento a : Maria Vittoria Occorsio , “La mediazione demandata dal Giudice“,  ed. Primiceri  giugno 2016, cap. 3 pagg. 37 e segg., secondo la quale  il d.lgs. 28/2010 prevede come necessaria solo la presenza della parte, proprio a mente di quanto prescritto nell’ articolo 12 dello stesso testo normativo per il quale possono sussistere ipotesi in cui le parti non siano assistite da un avvocato e l’ accordo firmato dovrà essere sottoposto alla omologazione del Presidente del Tribunale per acquisire esecutività.

[2] La questione era stata sollevata dal Tribunale di Verona in relazione ad un procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo in materia di contratti bancari .

Adr poco utilizzate: il Tribunale di Roma prende posizione

Adr poco utilizzate, soprattutto dalla Pubblica Amministrazione. Un’altra interessante decisione della XIII sezione del Tribunale di Roma ci induce ad una seria riflessione del rapporto che vi è tra Pubblica Amministrazione e mediazione. Nonostante gli impulsi e gli inviti ad usufruire dei benefici dell’istituto, si continua a registrare un’inspiegabile avversità anche davanti all’evidenza come lo è nella sentenza del Dr. Moriconi (datata 30 novembre scorso) del caso di cui ci andiamo ad occupare.

Adr poco utilizzate: il Giudice ne sottolinea le conseguenze negative

In una controversia che vede convenuti sia il comune di Roma che una sua società partecipata, il magistrato capitolino spiega, in maniera analitica, perché la società in questione avrebbe dovuto partecipare al tentativo di mediazione ordinato dal giudice. Il primo motivo insiste sul disattendere l’ordine ex art. 5 co 2, il quale integra colpa grave – se non dolo- se non è seriamente contestabile ed ampiamente motivato. Inoltre se fosse stata tentata la mediazione il tentativo di accordo probabilmente non sarebbe fallito anche alla luce delle prescrizioni contenute nell’ordinanza.

Tale comportamento nella sentenza viene stigmatizzato e sostenuto da un’opinione sempre più significativa che “solo il competente e sperimentato utilizzo su larga scala degli strumenti A.D.R. (che nella realtà si sostanziano nella mediazione obbligatoria e demandata e nella proposta del giudice ai sensi dell’art.185 bis cpc), potrà avviare a soluzione l’universalmente noto endemico male della Giustizia civile italiana rappresentato dalla durata delle cause”.

Processi troppo lunghi anche per esiguo utilizzo della mediazione da parte della P.A.

Le Adr poco utilizzate conducono direttamente all’eccessiva durata dei processi. Quest’ultima oltre a penalizzare la parte più debole che resiste male alle lungaggini processuali “a cui spesso seguono altrettante defaticanti esecuzioni, offre del Paese un’immagine anche internazionale di arretratezza e di incapacità di affrontare le sfide dei tempi, rappresentandolo in questo settore strategico in gran parte rilegato in una sfera a se stante scollegata dalle tumultuose e rapide temperie della vita e della società attuale; con effetti assai negativi che si ripercuotono in gangli vitali quali lo sviluppo delle imprese e l’allogazione delle risorse da parte delle aziende straniere”.

Inoltre tale status quo potrebbe addirittura influire sulla qualità del contenuto delle sentenze, dato che scrivere sentenze di qualità richiede tempo e tanto tempo non c’è dato il gran numero di sentenze che i giudici italiani devono scrivere. Tutto questo per concludere che l’inottemperanza, ingiustificata, delle parti al provvedimento del giudice ex art. 5 comma II° decr. lgsl.28/10, che richiede l’effettiva partecipazione alla mediazione, costituisce sempre una grave inadempienza, dalla quale ben può discendere, secondo le circostanze del caso, l’applicazione della sanzione di cui al terzo comma dell’art.96 cpc. La partecipazione al procedimento conciliativo è un valore a sé stante, che prescindendo dal merito e quindi dalla logica torto/ragione, non può essere ignorata, senza conseguenze, sulla base del convincimento (quand’anche successivamente avvalorato dalla decisione del giudice) di non dover incorrere nella soccombenza.

Insomma…non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

 

Conflitto e cultura: la punta dell’iceberg

La cultura è parte integrante di ogni conflitto dal momento che i conflitti riguardano le relazioni umane. Essa influenza il modo in cui noi intendiamo, elaboriamo, critichiamo, e cerchiamo di ridurre i conflitti. Che un conflitto esista è una questione culturale. Etichettare alcune delle nostre interazioni come conflitti ed analizzarle in piccole componenti è un tipico approccio occidentale che può farci trascurare altri aspetti della relazione.

La cultura è sempre un fattore di conflitto, sia che giochi un ruolo centrale sia che lo influenzi sottilmente o leggermente. In ogni conflitto che riguarda la nostra identità permane una componente culturale. I conflitti fra adolescenti e genitori, ad esempio, sono regolati dalla cultura generazionale, e i conflitti fra coniugi o partner sono influenzati dalla cultura di genere. Nelle organizzazioni, i conflitti spesso nascono da tensioni che si sviluppano a partire da differenti culture comportamentali fra collaboratori, che creano una comunicazione stentata o poco accurata e relazioni molto tese. La cultura permea il conflitto– talvolta con irruenza, talvolta in maniera sottile, ma è sempre un elemento presente e prima o poi le persone ci si devono scontrare.

La cultura è connessa al conflitto, anche se non ne è la causa. Quando le differenze vengono fuori in famiglia, nelle organizzazioni, nelle comunità, la cultura è sempre presente, formando le percezioni, gli atteggiamenti, i comportamenti, e i risultati. Quando i gruppi culturali a cui apparteniamo sono la maggioranza nella nostra comunità o nazione, ci rendiamo conto di meno dei messaggi che ci inviano. La cultura che appartiene al gruppo dominante spesso sembra “naturale o normale”. Solitamente notiamo solo gli effetti delle culture “diverse”, quando etichettiamo comportamenti che ci sembrano “esotici” o “strani”.

In sintesi, possiamo affermare che la cultura è come un iceberg – per la maggior parte sommerso – ed è importante tenerne presente nelle analisi e nelle azioni. Gli iceberg possono essere pericolosi, soprattutto se non ne conosciamo la grandezza e il luogo.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Governance e mediazione: quanto sono intrecciate tra loro

Governance e mediazione. Autorevoli studi hanno analizzato il senso della governance della mediazione, che significa cercare di capire come la definizione di governance si declina in questo contesto. Oggi con il termine governance si indicano precise e specifiche dinamiche istituzionali che contribuiscono a forgiare le regole giuridiche e le modalità della loro assunzione, ma in senso più generico per indicare il modo in cui di fatto funziona una certa istituzione e quindi l’insieme delle regole e dei soggetti che contribuiscono a governarli e quindi a regolarli.

Governance e mediazione: le differenze tra presenza e assenza di quest’ultima

Se la legge è il mezzo privilegiato della democrazia, la governance fa ricorso ad altri strumenti giuridici quali, ad esempio, il contratto. In questo senso, la governance opera una destrutturazione delle categorie giuridiche moderne proponendo un pacchetto di norme che più facilmente aderiscono agli interessi configgenti e quindi può aiutare ad “avvicinare” il momento regolativo agli effettivi destinatari, non senza il rispetto della normativa di riferimento.

Cosa comporta l’assenza della governance in mediazione

In definitiva, l’essenza della governance è un nuovo stile diverso dal modello orientato dal controllo gerarchico delle fonti e caratterizzata da forme di cooperazione tra soggetti pubblici e privati che esaltano la capacità di autoregolamentarsi. Quindi se la legge ed il diritto, hanno permesso di ristabilire l’ordine, può ritenersi che, oggi, in singoli settori di riferimento ove interessi e bisogni rivestono carattere sia indispensabile restituire ai singolo la possibilità di gestire autonomamente le relazioni.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Mediazione online: ecco tutti i vantaggi

Mediazione online o mediazione tradizionale? La regolazione della mediazione tradizionale si concentra sul bilanciamento di quattro fattori. Questi ultimi possono essere elencati come accessibilità, qualità, effettività e lealtà, che nella mediazione online sono considerati diversamente. Le critiche rivolte alla mediazione online temono che l’assenza della fisicità delle parti renda non efficace tale meccanismo.

Se tale criticità è in parte condivisibile è anche vero che un adeguato livello di qualità e di lealtà sono comuni ad entrambe le tipologie mediatorie. La mediazione online, come quella tradizionale, consente al mediatore di adattare il procedimento alle particolari esigenze delle parti, cui si aggiungono ulteriori vantaggi nella risoluzione delle liti, propri di internet e dovuti alla maggiore flessibilità e creatività delle soluzioni adottabili quanto alla speditezza delle decisioni da intraprendere.

In particolare i benefici della mediazione online includono il risparmio di costi, la convenienza e la prevenzione di difficili questioni processuali. La mediazione cibernetica, può presentarsi come l’unica opzione utilizzabile dalle persone che non sono in grado di spostarsi per lunghe distanze, o che sono coinvolti in controversie bagatellari di e – commerce. Una delle ragioni che potrebbe segnare il grande successo della mediazione online è la possibilità offerta alle parti di incontrarsi virtualmente senza spostarsi fisicamente e risparmiando tempo e denaro.

La mediazione web evita, inoltre, le tensioni che può ingenerare la necessità di definire la controversia in un momento puntuale, consentendo alle parti di accordarsi solo quando se ne sentano pronte, non avendo dei rigidi vicoli temporali. Quindi le parti possono negoziare quando e dove vogliono, il mediatore potrà effettuare le sessioni separate con una o tutte le parti, senza affrettare il flusso della mediazione ed il tempo inutilmente perso dai litiganti è altresì ridotto poiché il mediatore, a differenza della mediazione tradizionale, può dedicarsi a una parte senza sprecare il tempo dell’altra parte, che nella situazione ordinaria, sarebbe stato costretto probabilmente, ad aspettare nelle vicinanze in attesa della fase successiva.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex SpA, avvocato Pietro Elia.

 

L’accordo di mediazione: tutto quello che c’è da sapere

L’accordo di mediazione. Molto spesso vengono richiesti dei chiarimenti sull’accordo di mediazione, e sulle sue finalità. Cerchiamo in questo articolo di sottolineare tutto quello che c’è da sapere. Si ritiene che l’accordo di mediazione vada qualificato come un atto di autonomia privata, ossia un contratto, avente la forma di una scrittura privata, cui è applicabile la relativa disciplina di cui agli articoli 1321 e seguenti. L’accordo di mediazione può costituire una transazione, qualora vi siano le reciproche concessioni, ed è soggetto alle relative disposizioni previste dal codice civile.

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Mediazione sociale: ecco di cosa si tratta

La mediazione sociale  può rispondere ai conflitti di seconda generazione, quelli cioè di vicinato, di quartiere, familiari, interculturali, di ambiente e sul posto di lavoro, laddove si possono vivere una serie di incomprensioni, di offese, di violenze, più o meno palesi, che necessitano di una riparazione, possibilmente non vendicativa da parte della vittima, anche se legittimata da una legge dello Stato, ma che vada nel senso di una giustizia riparativa e che porti a una evoluzione del colpevole, ridonando, al contempo, fiducia e soddisfazione alla vittima.

La mediazione sociale, come gli altri tipi di mediazione, non è fondata su una generica buona volontà delle persone, quanto piuttosto sulla intenzione e convenienza delle parti coinvolte di rispettare il contratto o il patto sociale di convivenza che le lega; la mediazione sociale è una pratica che esige lo sforzo di tutte le parti in causa e, quindi, è un percorso bilaterale o plurilaterale che suppone la possibilità del cambiamento fra le parti attrici: la finalità è quella di darsi regole condivise, condizione necessaria per concreti accordi e un vivere collettivo costruttivo.

Regole condivise e comuni consentono, inoltre, alle parti di porre in essere valutazioni di adeguatezza teorica e pratica sugli accordi raggiunti e di negoziarne di nuovi; dal canto suo, il mediatore potrà svolgere la sua funzione di catalizzatore delle risorse e facilitatore dell’impresa dialettica, secondo quel principio di equità, ben noto a chi svolge tale ruolo, che consente un esito di vincita di tutte le parti coinvolte. Questo tipo di mediazione tende quindi all’efficienza ai fini della capacità gestionale dei conflitti socioculturali, ma è anche pedagogicamente efficace su tutti i soggetti coinvolti, consentendo benefici, riduzione dei costi e, soprattutto, di investire sulle lunghe scadenze.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Web e mediazione: facciamo il punto della situazione!

Web e mediazione. La direttiva europea sulle Alternative Dispute Resolution (ADR) ed il Regolamento (UE) n. 524/20013, costituiscono il pacchetto legislativo ADR-ODR (Online dispute resolutions) che, per la prima volta, introduce un set coordinato e omogeneo di regole: una piattaforma web online per tutta la Ue e procedure per la risoluzione alternativa delle controversie.

Web e mediazione: cosa dice la normativa Ue

Tale normativa rappresenta un passaggio importante nell’incentivare il ricorso a tali strumenti coinvolgenti i consumatori dell’UE. Quindi se l’ADR costituisce una forma che consente di allontanarsi dalle fissità e dalle formalità del processo, l’ODR costruendo un ciberspazio e identificandolo come luogo per la risoluzione dei conflitti, appare ampliare tale vocazione spostando il baricentro dal luogo fisico delle ADR ad un luogo virtuale.

Quindi la possibilità di ricorrere più agevolmente alla mediazione online per risolvere un’ampia varietà di controversie, sta mutando le tradizionali nozioni di risoluzione delle controversie. Secondo autorevoli studiosi la differenza tra il reale ed il virtuale è l’assenza di frontiere che è peculiare del ciberspazio dove non sono presenti confini geografici, superando così le frontiere nazionali.

Internet e il linguaggio della giurisprudenza

La conseguenza tuttavia, è la complessità di internet a rapportarsi con i concetti di giurisdizione e scelta normativa da applicarsi al caso concreto. Tali questioni devono essere risolte in maniera differente da quanto si fa per i sistemi legali del mondo reale perché non esiste un unico ordinamento che possa essere applicato uniformemente allo spazio virtuale senza un previo accordo raggiunto da tutti i paesi.

A cura del responsabile scientifico Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia

Confindustria e il suo rapporto con la mediazione

Confindustria e la mediazione. La più importante ed influente associazione dell’imprenditoria italiana non ha mai fatto mistero di un significativo interesse per le ADR, mediazione inclusa. Tale interesse è stato ribadito nel recente lavoro portato all’attenzione della Commissione Alpa sottolineando i punti da potenziare a livello normativo.

Confindustria e la mediazione: ecco i punti più importanti

Al primo posto vi è la mediazione su ordine del giudice. Il DL n. 69/2013 ha attribuito natura obbligatoria al tentativo di mediazione sollecitato dal giudice, rendendolo condizione di procedibilità della domanda. Si tratta di una scelta condivisibile, soprattutto in funzione dello smaltimento delle cause pendenti. L’autorevolezza del giudice, infatti, spinge le parti a considerare con maggiore serietà e disponibilità l’ipotesi di risolvere in via stragiudiziale la loro controversia, aumentando le chance di trovare un accordo6. Purtroppo, però, le potenzialità della mediazione su ordine del giudice non vengono ancora sfruttate adeguatamente. Sul punto, sarebbe opportuno incentivare maggiormente i magistrati a valutare per quali procedimenti iscritti a ruolo sia opportuno avviare un procedimento di mediazione, ad esempio comprendendo tale attività tra gli indici di valutazione della produttività dei giudici.

Ulteriore profilo da considerare nell’ambito della riforma della mediazione è quello della qualificazione degli Organismi. Sul punto, Confindustria ha sempre sostenuto che la qualità e la serietà degli Organismi costituiscono fattori decisivi per il successo dell’istituto. Risulta infatti essenziale che le parti affidino la gestione delle controversie a Organismi che presentino determinati requisiti organizzativi e professionali, tra cui trasparenza sulla scelta dei soggetti chiamati a gestire la procedura; tutela della riservatezza delle parti; possibilità di svolgere le procedure a distanza, attraverso l’utilizzo della telematica.

Confindustria e l’impiego delle Adr

Un altro aspetto sul quale Confindustria si auspica un intervento chiarificatore riguarda l’obbligo di assistenza legale nel procedimento di mediazione. Il DL n. 69/2013, nel ripristinare il principio dell’obbligatorietà, ha introdotto l’obbligo di assistenza legale nel procedimento di mediazione, al fine di rafforzare le garanzie delle parti e assicurare loro un sostegno tecnico nella procedura, il cui svolgimento è destinato a produrre effetti in un eventuale successivo giudizio. Sarebbe opportuno precisare che l’obbligo dell’assistenza legale è escluso nelle ipotesi di mediazione volontaria e di mediazione obbligatoria per contratto o statuto. In questi casi, infatti, lo svolgimento della mediazione è svincolato dal giudizio, pertanto, dovrebbe privilegiarsi il carattere di informalità della procedura di mediazione, lasciando le parti libere di farsi assistere o meno dall’avvocato.

Sotto un altro profilo, sarebbe auspicabile per Confindustria incentivare il ricorso alla mediazione per la risoluzione delle controversie in cui sia parte una Pubblica Amministrazione e aventi a oggetto comportamenti o attività di diritto privato. Il DL n. 132/2014, in tema di negoziazione assistita e arbitrato “speciale”, ha già introdotto misure specifiche per le controversie in cui sia parte una PA(la presunzione del consenso della PA al trasferimento della controversia in sede arbitrale; l’obbligo della PA di farsi assistere nella procedura di negoziazione assistita dalla propria Avvocatura, ove presente), sarebbe, pertanto opportuno prevedere simili accorgimenti anche in tema di mediazione.

Inoltre, al fine di favorire l’utilizzo della mediazione da parte della PA, si potrebbe agire sui profili di responsabilità dei funzionari che per conto dell’amministrazione gestiscono la procedura. Il rischio di una condanna per danno erariale, infatti, costituisce un forte disincentivo per il funzionario pubblico all’attivazione del procedimento di mediazione e ne scoraggia il ricorso. Sarebbe, quindi, opportuno prevedere meccanismi che consentano di esonerare da forme di responsabilità amministrativa il dipendente pubblico coinvolto nella risoluzione stragiudiziale della controversia (es. parere liberatorio dell’Avvocatura dello Stato, ove presente, ovvero di un avvocato).

Incentivo alla mediazione telematica

Infine, sempre con l’obiettivo di incentivarne l’utilizzo e il buon esito, occorre promuovere lo svolgimento in modalità telematica della procedura di mediazione. La trattazione a distanza, infatti, rende più agevole il procedimento e consente di superare gli ostacoli derivanti dall’impossibilità di prendervi parte fisicamente, salvaguardando il principio della partecipazione personale delle parti. L’attuale disciplina rimette alla discrezionalità dell’Organismo di mediazione la possibilità di attivare o meno mediazioni in via telematica. Tale discrezionalità, unita alla previsione del criterio territoriale per la presentazione della domanda di mediazione, rischia di determinare una disparità di trattamento che, in questo campo, andrebbe evitato. Pertanto, andrebbe riconosciuto alle parti il diritto di richiedere all’Organismo adito, ovvero presso il quale sono state convenute, l’attivazione di una procedura telematica.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.