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L’accordo di mediazione è sempre un titolo esecutivo

L’accordo di mediazione è sempre un titolo esecutivo. Tale concetto può apparire banale, ma in Italia non lo è, specie quando ci si imbatte in qualche conservatore colto da interpretazioni ad “usum delphini” della legge. Questa volta è il turno del conservatore di Ascoli Piceno, che ritiene di dover accettare con riserva un’iscrizione di ipoteca avente come titolo un accordo di mediazione omologato, affermando che quest’ultimo avesse dovuto avere altresì i requisiti ex art. 2818 c.c. e quindi contenere una condanna a pagare una somma o adempiere ad un’altra obbligazione (nel caso di specie in pratica è impossibile).

Accordo di mediazione e giudici marchigiani

I giudici marchigiani hanno censurato questa interpretazione e giustificano l’iscrizione dell’ipoteca (oltre che per un evidente dato letterale del secondo comma dell’art. 12. D.Lgs 28/2010) come una manifestazione di favor mediationis del legislatore e per evitare che l’accesso all’ipoteca dipenda o meno dalla volontà dei litiganti di prevedere espressamente la garanzia dell’accordo, deve dunque prendersi atto che siamo di fronte ad una norma speciale integrativa del diritto comune, come già aveva statuito il Tribunale di Varese in un dictum del 2012.

Quindi tale fattispecie supera l’articolo 2818 c.c., tramite l’art. 12 2° comma che è autonoma rispetto alla prima norma e quindi speciale rispetto alla comune disciplina civilistica. Del resto un’interpretazione differente depotenzierebbe l’istituto della mediazione, sul quale si sono invece concentrati gli sforzi del legislatore che spera in un effetto deflattivo significativo del carico pendente presso le aule di Giustizia italiane.

Predominio della volontà delle parti

Infatti, come già a sua volta affermato in una recente sentenza del Tribunale di Bari, l’art. 12 ha innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege tramite l’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dai loro rispettivi avvocati davanti ad ODM riconosciuti dal Ministero. Pertanto, alla luce di tale statuizione, non vi è alcuna possibilità di sindacare il contenuto dell’atto da parte del conservatore. Su questo specifico contenuto, vi è un predominio esclusivo della volontà delle parti, assistite dai loro avvocati e l’efficacia del conseguente accordo è ricollegata ope legis alle modalità attraverso le quali lo stesso accordo si è raggiunto.

Quindi i conservatori italiani si “rassegnino” ad applicare la legge. Per leggere l’ordinanza in oggetto clicca qui.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avv. Pietro Elia.