Notizie e aggiornamenti dal mondo della Mediazione

Termine dei 15 giorni: il Tribunale di Vasto ed il termine acceleratorio

Termine dei 15 giorni in mediazione. Il Giudice Fabrizio Pasquale, a proposito della natura del termine dei 15 giorni ex art. 5 comma 1 bis D. Lgs 28/2010, aveva già affrontato il tema alle “idi di maggio” di quest’anno con un’impeccabile ordinanza (15 maggio 2017) dove ha colto l’occasione per una compiuta analisi del termine in questione. Anche in questo caso dopo una completa disamina dei variegati orientamenti sulla natura del termine che spaziano dalla perentorietà alla non perentorietà per giungere ad una visione intermedia, conferma la sua non perentorietà motivando tale asserto attraverso un iter argomentativo completo e raffinato.

Termine dei 15 giorni: perentorietà

Secondo il Dr. Pasquale, in primis la non perentorietà è sorretta da un punto vista formale dalla mancanza di una espressa previsione legale di perentorietà del termine. Ciò deve condurre alla conclusione che lo stesso abbia natura ordinatoria e non perentoria, in applicazione del principio statuito dall’art. 152, secondo comma, c.p.c., mentre secondo un aspetto sostanziale non ricorrono i presupposti per desumere tale carattere di perentorietà in via interpretativa, sulla base dello scopo che il termine persegue e della funzione che esso adempie.

Infatti, analizzando il dato testuale della norma che lo prevede si evince che lo scopo è quello comunque di sollecitare le parti a svolgere il tentativo di mediazione quale condizione i procedibilità e quindi il fatto che esso non sia perentorio non deve indurre ad un ingiustificato lassismo delle parti.

Garantire certezza dei tempi di definizione

In altre parole, la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinchè la parentesi extraprocessuale, che si apre con l’emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio.

Tale assunto trova conferma anche nel successivo art. 6 2 comma, che stabilisce che, nella mediazione demandata dal giudice, il termine di durata del procedimento di mediazione decorre, al più tardi, “dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della domanda”, nel caso in cui – ovviamente – a quella data le parti non abbiano già depositato l’istanza.

Ovviamente tale dissertazione è collegata alla condizione di procedibilità della domanda e quindi alle eventuali conseguenze di una mancata osservanza dei termini complessivamente previsti degli ulteriori 90 giorni.

Questo significa che, ove l’udienza di rinvio del processo sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura o, in ogni caso, entro il più ampio termine di rinvio del processo all’udienza di verifica.

Per leggere l’ordinanza in oggetto clicca qui.

A cura del responsabile scientifico Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.