Notizie e aggiornamenti dal mondo della Mediazione

Tribunale di Trieste: sì al compenso all’avvocato per la mediazione obbligatoria

 

Il Tribunale di Trieste ha riconosciuto il compenso all’avvocato che ha assistito in una procedura di mediazione obbligatoria una parte ammessa al patrocinio a spese dello stato: la motivazione esposta concerne il fatto che la mediazione obbligatoria è connessa alla fase processuale e dunque, come tale, è qualificabile come procedura derivata ed accidentale del processo.

La decisione riguarda, peraltro, una mediazione obbligatoria che si è conclusa con esito positivo e per la quale, pertanto, il giudizio non è mai stato incardinato, e segue l’orientamento di una precedente pronuncia del Tribunale di Firenze del 13.12.2016.

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Mediazione condominiale e controversie con terzi: sentenza del Tribunale di Taranto

Per il Giudice dalla mediazione obbligatoria sono escluse le controversie in cui il condominio si contrappone a un soggetto terzo.

Il Tribunale di Taranto, con sentenza del 31 Luglio 2017, rigetta l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo  emesso in favore della impresa edile nei confronti del condominio, per il corrispettivo pattuito per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria affidati in appalto alla società ricorrente.

Le motivazioni addotte dal Giudice nel respingere l’opposizione proposta dal condominio riguardano, in primo luogo, la natura della clausola conciliativa contenuta nel contratto di appalto sottoscritto dalle parti. Essa, difatti, è stata considerata inefficace poichè carente dell’espressa sanzione di improcedibilità, necessaria nei casi in cui la mediazione non sia condizione di procedibilità ex D.Lgs. 28/2018, e tra i quali rientrano le controversie in cui il condominio venga a contrapporsi ad un soggetto terzo (società appaltatrice). Ne consegue che,dall’ ambito di applicazione della mediazione obbligatoria, dovrebbero essere escluse tutte quelle cause che attengono a rapporti, instaurati dal condominio con un soggetto terzo.

Per di più, e si arriva al secondo punto fondamentale del rigetto, l’invocata richiesta di dichiarazione della improcedibilità  della domanda da parte del debitore opponente per mancato esperimento del tentativo di mediazione viene respinta in virtù del dettato del comma 4 dell’art. 5 del D- Lgs 28/2010, che esclude espressamente l’applicabilità del comma 1 nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulla concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.

Conclude il Giudice, con richiamo alla discussa sentenza della Corte di Cassazione n. 24629, che, anche qualora fossero state superate le precedenti questioni grazie ad una clausola contrattuale conciliativa che avesse esplicitamente previsto l’improcedibilità  anche dell’azione in sede monitoria, l’onere dell’attivazione della mediazione sarebbe ricaduta sul debitore opponente.

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Tribunale di Napoli Nord: mediazione ed opposizione a decreto ingiuntivo

Tribunale di Napoli Nord si pronuncia: mediazione ed opposizione a decreto ingiuntivo vanno a braccetto ormai da un po’, da quando, più precisamente, la Suprema Corte con la sentenza n. 24629 del 03.12.2015 sembrava aver definitivamente sciolto il nodo del dubbio riguardo alla questione della parte sulla quale ricadrebbe l’onere di attivare la mediazione demandata nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. L’esperienza di questi mesi ci ha insegnato che così non è.

Infatti il Tribunale campano, sulla scia di un orientamento che sembra guadagnarsi sempre più proseliti tra i Magistrati, si contrappone all’orientamento dei giudici ermellini, sottolineando che, in base al principio di difesa, inviolabile, l’unico strumento di impugnazione del titolo da parte del debitore è quello di attivare il processo di opposizione.

Diverso ed antitetico, puntualizza il Giudice Rabuano, il discorso per l’opposto: esso, come soggetto foriero dell’interesse di far valer un proprio diritto, può scegliere la via più breve, la strada coerente con la logica deflativa e di efficienza processuale messa a disposizione dal legislatore: la mediazione.

Una guida univoca

Questa continua genesi di provvedimenti di segno opposto, che caratterizzano talvolta l’orientamento di taluni Tribunali, entrambe radicati e ciascuno sostenuto da buone ragioni a fondamento, lasciano auspicare che, dato un difficile intervento sul testo normativo del D. Lgs 28/2010 a riguardo, siano necessari ulteriori pronunce della Corte di Cassazione a riguardo, soprattutto in considerazione del fatto che l’omesso esperimento del tentativo di mediazione comporta l’improcedibilità della domanda ( art. 5 commi 1 e 2) e dunque , per lo meno nel caso dell’opponente, l’impossibilità di ricominciare l’azione essendo spirati i termini di legge.

No parti, no mediazione

E’ d’obbligo spendere qualche parola anche sulla questione della ragioni che impediscono l’inizio della procedura di mediazione, seppure la ordinanza offre una ricca varietà di spunti che non meritano di essere trascurati. Tuttavia , é particolarmente stimolante rilevare come la mancata partecipazione delle parti alle due diverse fasi della mediazione (primo incontro e successivi incontri sono due fasi ben distinte e come tali vanno trattate), preveda, da un lato, l’applicazione di due diverse sanzioni , mentre dall’altro assimili i due casi di assenza tout court della parte in mediazione al rifiuto di una parte a proseguire la mediazione senza alcun motivo dichiarato e, previa autorizzazione, verbalizzato.

 

Statistiche II Semestre: appuntamento fisso

Statistiche II Semestre ! Subito dopo i festeggiamenti e le gozzoviglie, si guarda ai numeri! E le cifre di Concilia Lex per l’anno 2017 parlano da sé: nella seconda parte dell’anno,  seppure  il numero complessivo delle mediazioni abbia subito una lieve crescita, passando dalle 1473 alle 1540, lascia un segno impressivo il dato relativo ai successi delle procedure. Infatti, è quanto meno incoraggiante appurare, al principio del nuovo anno, che su circa 580 procedure che hanno superato il primo incontro positivamente, oltre i 2/3 di esse hanno raggiunto il successo, per un tasso che si attesta sul 70% delle procedure effettivamente avviate. Le statistiche rivelano anche che non c’è calo consistente nel deposito delle domande neppure in prossimità dei periodi feriali, ricordandoci che il tribunale è chiuso, ma la mediazione non prevede sospensione.

Materie: la parte del leone la fanno i contratti bancari e finanziari

La parte del leone la fanno i contratti bancari e finanziari: sì, è così, o meglio, è ancora così. Per i contratti bancari e finanziari si registra il numero più cospicuo di domande, che rappresentano circa 1/3 del totale  delle istanze depositate, confermando a pieno il trend dei mesi passati. Sfortunatamente questa copiosità non trova corrispondenza nel tasso di accordi raggiunti per questo genere di contenzioso, seppure esso incorpori tipologie contrattuali che conoscono una diffusione di massa, alla base di una parte non irrilevante del contenzioso.

Accordo: un cambio di mentalità?

Cambio di mentalità: una foto in cifre degli accordi palesa, oltre l’impennata del numero delle procedure arrivate al successo, raddoppiate rispetto al I semestre , che le persone vogliono “trovare l’accordo”. Come agevolmente prevedibile, il dato più incoraggiante pertiene le questioni di condominio, diritti reali e divisioni, significativamente le procedure in cui, nella quasi totalità dei casi, le parti sono personalmente presenti. Un cambio di rotta, di mentalità, una rivoluzione culturale? Forse non ancora o non completamente, ma la mediazione civile e commerciale sta trovando la sua identità, la sua dignità, con una rinnovata spinta che viene, stavolta, dal cittadino.

Mediazione civile: solo 23 italiani su cento sanno di cosa si tratta

Mediazione civile

ben 77 italiani su 100 non sanno cosa sia la legge 28 del 2010, quella sul diritto di accesso alla giustizia extragiudiziale e al credito d’imposta per il proseguimento della procedura. Praticamente, quindi, solo 23 persone su cento conoscono le possibilità messe a disposizione dalla mediazione civile e commerciale.

Una cultura da divulgare

È quello che viene fuori da un’indagine messa in atto dall’Associazione Nazionale Per l’Arbitrato e la Conciliazione per capire quanto la mediazione civile e commerciale sia conosciuta nel nostro Paese. L’indagine ha interessato privati cittadini, aziende ed enti istituzionali. Ne viene fuori un quadro di speranza, sì, ma di una cultura ancora da divulgare, soprattutto dal punto di vista delle istituzioni.

La formazione dei mediatori

Concilia Lex da tempo sa che uno dei metodi per far conoscere la cultura della mediazione è quello della formazione dei mediatori. Un mediatore ben formato e professionalizzato potrà infatti far conoscere a molte persone l’importanza e la possibilità di ricorrere all’istituto della mediazione civile e commerciale. La sua figura diventa dunque una sorta di link, di anello tra l’organismo di mediazione e gli utenti per mettere al corrente delle possibilità che si hanno, compresa quella del credito d’imposta.

Avvocati mediatori di diritto

Un ruolo fondamentale oggi è ricoperto dagli avvocati mediatori di diritto: partendo dal presupposto che essi già sono specialisti del diritto, la mediazione civile rappresenta per loro l’opportunità di ampliare le competenze e le occasioni di impiegare la propria professionalità per ritagliarsi nuovi spazi di crescita e guadagno. Nessuno più dell’avvocato è indicato nell’ assumere il ruolo di traghettatore della cultura della mediazione civile verso il cittadino, le aziende e gli enti pubblici.

Foto: Avv. Francesca Festa – Mediatore Concilia Lex

La mediazione? Talvolta è essa stessa da mediare!

Mediazione da mediare. L’apertura nei confronti dell’altro, è considerata cosa estranea nelle relazioni umane: con questa visione viene sacrificata l’importanza della reciprocità ed i vantaggi che da essa possono derivare. Questa attitudine è propria di qualunque tipo di relazione. A tal proposito, le istituzioni europee, e non solo, incentivano il bisogno di dialogo e partecipazione, mediante meccanismi di sensibilizzazione e promozione della mediazione da cui dovrebbe discendere una diffusa conoscenza della mediazione che ne favorirebbe uno sviluppo omogeneo.

La direzione imboccata dal Parlamento Europeo

In questa direzione, va da diversi anni il Parlamento Europeo che auspica l’elaborazione di programmi di azione per lo sviluppo della mediazione ed invita operatori del diritto, imprese e docenti universitari ad attivarsi in tal senso. È necessario in questa direzione la partecipazione di quanti sono coinvolti nella procedura di mediazione e parallelamente la sensibilizzazione dei cittadini che sono gli utenti finali del servizio affinché ne apprezzino l’utilità e le potenzialità.

Mediazione da mediare per un metodo dalla finalità di ampio respiro

Si tratta di considerare la mediazione quale metodo per realizzare una finalità di ampio respiro, quindi “mediazione da mediare” per incentivare il dialogo sulla mediazione, aprire nuovi canali di comunicazione al fine di individuare soluzioni condivise partendo dallo studio della prassi e degli interessi dei soggetti coinvolti e gli attori coinvolti in questo percorso sperimenteranno i benefici del dialogo e della ricerca di soluzioni condivise, grazie anche al riappropriarsi dei processi decisionali.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Sovraindebitamento e mediazione: tutti i vantaggi

L’accostamento della procedura di mediazione con la scelta di ricorrere ad una delle procedure disciplinate dalla legge n. 3/2012 porta quindi a molteplici vantaggi. Il ricorso alla mediazione consente, in primo luogo, di ottenere l’immediata formazione di un titolo esecutivo, anche con la rinuncia ad una parte del debito dovuto da parte della banca, soprattutto in presenza di patrimoni incapienti a garantire la restituzione di quanto dovuto.

Vantaggi principali: risparmiare tre gradi di giudizio

In secondo luogo l’esito positivo della mediazione permette di risparmiare tre gradi di giudizio ed una procedura di esecuzione forzata inidonea ad assicurare una sufficiente tutela al debitore ed ai creditori sui quali finisce per gravare anche il pregiudizio della dispersione dei beni e l’eccessiva durata dei processi. In terzo luogo il collegamento tra mediazione e procedure ex legge n. 3/2012 consente ai creditori di poter ottenere, seppure alla luce delle limitate possibilità patrimoniali del debitore, la miglior realizzazione del diritto di credito nel minor tempo possibile.

Tuttavia attualmente nella pratica la concreta possibilità di attuare simili soluzioni è resa particolarmente difficile dalle rigidità delle contrapposte prese di posizioni dei soggetti in conflitto. Da un lato si trovano spesso iniziative di mera resistenza processuale alle richieste di adempimento del credito, finalizzate a far guadagnare tempo, confidando sui tempi necessari alla definizione dei processi da parte di un sistema giudiziario ingolfato.

Dall’altro lato si riscontra, spesso, una gestione eccessivamente centralizzata del contenzioso da parte delle banche, oltre che forme di eccessiva burocratizzazione che portano a preferire la decisione giurisdizionale che statuisce sull’esistenza e sul modo di essere di un diritto, esonerando in tal modo da ogni responsabilità in ordine ad un eventuale accordo transattivo. Quindi è auspicabile un cambio di tendenza in tal senso e quindi un mutamento dello status quo appena descritto, poiché un sistema così concepito è fatalmente destinato a generare un involuzione: in mancanza della ristrutturazione del debito e dell’esdebitazione non si possono ripartire i consumi, che costituiscono un fattore propulsivo determinante della ripresa economica e conseguentemente, anche chi svolge attività di impresa bancaria risente di un impasse, dovendo muoversi nelle secche dei crediti in sofferenza, così come chi esercita attività di impresa in genere.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

Sovraindebitamento e mediazione: la disciplina in merito

Negli stessi anni in cui il legislatore ha riformato il processo civile, anche tramite l’introduzione della mediazione civile, è intervenuta un’importante riforma in ambito concorsuale, la quale ha dato completezza al diritto concorsuale, mediante l’introduzione di procedure dirette a disciplinare situazioni di sovraindebitamento dei soggetti non rientranti nell’ambito di applicazione della legge fallimentare. La conseguenza è stata la rottura della simmetria che vedeva, nell’ipotesi di insolvenza, la corrispondenza tra soggetti fallibili e procedure concorsuali e soggetti non fallibili assoggettabili solo a procedure individuali.

Le discipline della mediazione (d.lgs. n. 28/2010) e quella del sovraindebitamento (legge n. 3/2012) solo apparentemente appartengono a due mondi distinti. Le stesse possono trovare, infatti, un importante punto di convergenza, soprattutto nell’ipotesi del contenzioso bancario e finanziario, in quanto discipline caratterizzate entrambe da un minimo comun denominatore, costituito dal coinvolgimento dei medesimi soggetti, cioè il creditore ed il debitore e dalla comune finalità di soluzione del conflitto di interessi tra questi ultimi.

In presenza di una situazione di sovraindebitamento il debitore è portato ad intraprendere una strategia finalizzata a resistere alla domanda di adempimento del credito ed in un contesto simile la mediazione può svolgere un ruolo importante nella composizione delle reciproche pretese vantate dalle parti, soprattutto laddove l’oggetto si sposti dalle complesse questioni giuridiche inerenti la normativa bancaria alle effettive possibilità di realizzazione del credito in relazione al patrimonio che ne costituisce la garanzia ai sensi dell’art. 2740 c.c..

La mediazione può quindi diventare un territorio elettivo se e nella misura in cui riesca a proporre soluzioni conciliative della singola controversia, tenendo conto della complessiva situazione economica del debitore e della sua esposizione debitoria, anche in relazione alle soluzioni offerte dalla legge sul sovra indebitamento, tenuto conto anche quest’ultima è un opzione ideata dal legislatore frutto di una scelta di economia giudiziale finalizzata a non intasare i tribunali di procedure minori, al fine di non vanificare la scelta operata dalla riforma della legge fallimentare del 2005 con l’introduzione delle soglie di fallibilità.

Sul piano della concretezza degli effetti applicativi,uno dei fattori che non ha consentito la diffusione applicativa della disciplina del sovraindebitamento, in considerazione dell’elevato tasso di tecnicità della legge n. 3/2012 e del fatto che i soggetti che ne sono destinatari (soprattutto le persone fisiche) non hanno in via ordinaria contatti continuativi con professionisti che siano in grado di fornire un supporto tecnico – giuridico adeguato al fine di prendere conoscenza delle possibili soluzioni della propria situazione di crisi, a differenza di quanto avviene, invece, per l’imprenditore.

Quindi una buona soluzione potrebbe essere  pertanto costituita dal passaggio obbligatorio attraverso la procedura di mediazione nell’ambito del contenzioso bancario, anche nella prospettiva di evidenziare al debitore, in tale sede, possibili scelte di tipo concorsuale, tali da consentire di affrontare l’intera esposizione debitoria ed al contempo rendere più appetibile al creditore l’accettazione di una soluzione transattiva, nella prospettiva di poter ottenere – proprio grazie al successivo ricorso ad una procedura concorsuale – in via più rapida la realizzazione, anche percentuale (ma pur sempre secondo le concrete possibilità del debitore) del proprio debito.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

 

 

 

 

L’affermarsi di un nuovo bisogno di mediazione: la regolazione sociale

Con la globalizzazione, la regolazione sociale vede indebolirsi tutti i processi e i criteri tradizionali e soprattutto viene colpito il grande produttore moderno dell’istituzionalizzazione: lo Stato. Nella società delle pari opportunità anche la regolazione sociale deve potersi declinare su scala individuale. “Se la logica dell’individualismo, dunque, porta ad una richiesta nuova e crescente di regolazione individualizzata, il ricorso alla mediazione, risponderebbe tanto a un bisogno di carattere pratico e utilitaristico che alla rinnovata necessità di una soluzione privata del conflitto.”

Le regolazione sociale e mediazione: il legame con l’altro

La mediazione, valorizzando il legame con l’altro, permette di entrare in contatto con la sua razionalità. In questo contesto la mediazione, aldilà delle sue diverse e molteplici applicazioni, assume i connotati di un metodo, il cui valore e la cui rinnovata modernità risiedono proprio nel proporre una nuova forma di regolazione sociale fondata su questa capacità riflessiva, vale a dire sul riconoscimento delle reciproche differenze e sull’assunzione di responsabilità delle parti. Se la risoluzione del conflitto rappresenta l’obiettivo della mediazione, è tuttavia la possibilità che questa pratica offre di sperimentare lo stare in relazione delle parti, e dunque di evidenziare la permanenza del legame sociale, che costituisce l’elemento certamente più significativo di questo approccio.

La mediazione non può essere ridotta solo a tecnica

La mediazione non può dunque essere ridotta a dei metodi o a delle tecniche, nella misura in cui ciò che ne sta al fondamento è, o dovrebbe essere, l’aspirazione ad una trasformazione umanista del sociale attraverso una rivisitazione dei rapporti relazionali. Quindi se la mediazione deve essere letta come un fenomeno plurale, che si inscrive all’interno di una profonda crisi dei sistemi di regolazione sociale tradizionali, non possiamo limitarci a considerarla come una semplice risposta alle disfunzioni del sistema giudiziario, quanto piuttosto come una modalità di regolazione delle controversie basata sull’attribuzione di responsabilità.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.

 

Cassazione: il dies a quo non cambia

Un recentissimo dictum della Corte di Cassazione (sentenza del 13 giugno 2017, leggila qui) respinge una forzata interpretazione dell’art. 176 del Codice di procedura civile che regolamenta il criterio di conoscenza delle ordinanze emesse dal magistrato. La questione davanti al Giudice di legittimità è la conseguenza della dichiarazione di improcedibilità, ad opera del Tribunale di Napoli, della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione proposta nelle forme del giudizio di convalida di sfratto.

Distorta applicazione della norma

Il ricorrente, nel caso di specie, contestava una distorta applicazione della norma di cui sopra associate alla violazione degli artt. 136 e 156 c.p.c.. Quindi l’ordinanza che prevedeva il tentativo di mediazione sarebbe dovuta essere comunicata alle parti con biglietto di cancelleria, non avendo ragion d’essere la presunzione di conoscenza ex art. 176 c.p.c..

La Cassazione non ha condiviso tale doglianza

La Cassazione non ha condiviso tale doglianza, proprio partendo dal tenore letterale del secondo comma dell’art. 176, che espressamente prevede che le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi*; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate* a cura del cancelliere* entro i tre giorni successivi. Quindi non si può estendere l’enunciato normativo che prevede la nullità delle ordinanze pronunciate fuori udienza, qualora queste ultime non siano comunicate dalla cancelleria nel termine previsto.

*Le definizioni dei termini rimandano al dizionario giuridico Brocardi.

A cura del responsabile scientifico di Concilia Lex S.p.A., avvocato Pietro Elia.